Donano il sangue, organizzano collette, si stringono ai familiari delle vittime. Lo fanno indipendentemente dal gruppo etnico di appartenenza o dal credo religioso.
Articolo di: Misna
Donano il sangue, organizzano collette, si stringono ai familiari delle vittime. Lo fanno indipendentemente dal gruppo etnico di appartenenza o dal credo religioso. L’assalto al centro commerciale Westlands di Nairobi, dicono religiosi sentiti dalla MISNA in diverse aree del paese, sta unendo i keniani.
“Questo episodio di violenza assurdo e crudele – dice padre Joachim Omolo, animatore a Nairobi della rete interreligiosa People for Peace in Africa – ha avvicinato tra loro tutte le etnie e tutte le religioni, rivelando appieno la generosità dei keniani”. Padre Omolo racconta delle migliaia di donazioni di sangue negli ospedali e sotto le tende allestite dalla Croce Rossa in centro città o delle collette per aiutare subito chi nell’assalto ha perso un marito, un figlio, una madre.
“Il dolore – sottolinea il religioso – sta moltiplicando gli atti di vicinanza e solidarietà, a Nairobi ma anche in province distanti centinaia di chilometri”. Dal Lago Turkana, al confine con l’Etiopia, fino alle regioni costiere dove la maggioranza della popolazione non è cristiana ma musulmana. Significativa la presa di posizione dei rappresentanti della comunità islamica di Mombasa, uniti nel condannare la strage rivendicata dai somali di Al Shabaab e soprattutto nel respingere qualsiasi tentativo di associarla alla fede musulmana. “Hanno sottolineato in modo inequivocabile – dice monsignor Virgilio Pante, vescovo di Maralal, una diocesi del Kenya centro-settentrionale – che i responsabili della strage non sono musulmani ma terroristi e criminali, che non hanno nulla a che vedere con la religione”.
Una convinzione, questa, condivisa appieno dagli animatori di People for Peace in Africa. “Nei prossimi giorni – sottolinea padre Omolo – contribuiremo a organizzare una giornata di preghiera nazionale, che sia momento di riflessione e occasione di rinnovato impegno contro ogni violenza.
Un appuntamento tanto più necessario quanto più, in queste ore, prendono corpo i timori di ripercussioni negative o addirittura rappresaglie ai danni della comunità somala in Kenya. Una comunità molto numerosa nei campi profughi del nord ma anche a Nairobi, dove è concentrata nel quartiere di Eastleigh, la “piccola Mogadiscio”. “L’attentato è un tentativo di creare una frattura tra i musulmani e gli altri gruppi religiosi in Kenya – ha detto ai giornalisti Hassan Omar, senatore originario di Mombasa – ma noi vogliamo dire ai terroristi che siamo più intelligenti di loro, che conosciamo le loro intenzioni e che non saremo sconfitti”.
da perlapace.it