Tentativi di delegittimare le istituzioni somale

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Lo scandalo di Hassan Dahir Aweys – Lo scorso 23 giugno è stato catturato Hassan Dahir Aweys nella zona di Himan and Heb della regione Galgaduud. La preda era importante. Hassan Dahir Aweys è uno dei capi di maggior rilievo di Al Shabab, con una taglia imposta dagli Stati Uniti sin dal 2001, considerato partecipe degli attentati alle Ambasciate USA in Kenya e Tanzania. Un vero esperto di guerriglia e di guerra, essendo già colonnello dell’esercito di Siad Barre nello scontro con l’Etiopia per l’Ogaden. La sua cattura avrebbe potuto essere uno dei fiori all’occhiello della lotta al terrorismo islamico del governo centrale di Mogadiscio. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto mandare un aereo militare per condurlo a Guantanamo. Invece nulla di tutto ciò e la cattura del capo terrorista si sta rivelando un elemento di forte delegittimazione del Presidente Mohamud.
Alcuni capi del clan di appartenenza di Hassan Dahir Aweys (pochi ma efficienti) subito dopo l’arresto, hanno organizzato a Mogadiscio manifestazioni per il suo rilascio e da allora sono aumentati gli attentati nella capitale.
Ma quello che più sorprende è la pressione internazionale sul Presidente Mohamud per ottenere un trattamento di riguardo per il noto terrorista e, anzi, un vero e proprio salvacondotto. E non si tratta soltanto delle diplomazie arabe, ma anche di paesi occidentali. A Mogadiscio si fanno i nomi di Qatar, Turchia e Italia. L’Italia, in particolare, si dice che sarebbe favorevole al dialogo con quegli Al Shabab che hanno un’agenda per la Somalia e che non credono nella Jihad internazionale. Ma l’agenda di Al Shabab non è diversa dalla legge del taglione. Gli Al Shabab hanno già governato Mogadiscio e tutt’ora governano diverse città dell’area centro meridionale della Somali. La loro agenda consiste nello sgozzare la gente, amputare un arto da un lato e un arto dall’altro, lapidare le donne, segregare in casa la popolazione, requisire i patrimoni, sequestrare gli stranieri, confezionare bombe per le istituzioni, addestrare kamikaze e farli esplodere. Uccidere chi non la pensa come loro.
Un conto sono i cinquemila ragazzi delle loro milizie, che andranno comunque recuperati, altro conto sono i loro capi verso i quali non può esservi condiscendenza.
Invece condiscendenza sembra proprio esservi dal momento che il Ministro degli interni somalo ha promesso un salvacondotto che arriverebbe ad Hassan Dahir Aweys qualora, in una conferenza stampa, rinnegasse il terrorismo islamico e accettasse di riconoscere lo Stato somalo. Sono già due volte che Dahir Aweys prende tempo su questa offerta.
Invece, se non si processa Hassan Dahir Aweys, saranno le istituzioni somale a rimanere delegittimate.
Il ricatto del Kenya – La Ministra della difesa del Kenya ha dichiarato, in contrasto con le dichiarazioni del Governo somalo e, addirittura, con il deliberato di Kampala di pochi giorni fa, che non lascerà il suolo somalo prima che la Somalia sia pacificata. Sostanzialmente il Kenya dice alla Somalia che, se deve tenere il campo profughi di Dadaab sul suo territorio, deve rifarsi con i proventi di Kismayo e del suo porto. Né più né meno di un canone di affitto per il suolo del più grande campo profughi del mondo, peraltro mantenuto con i soldi dell’ONU. Sono a parte i pagamenti che l’ONU fa al Kenya per la partecipazione delle sue truppe alla missione AMISOM e che la Somalia vede, ormai, come vere e proprie truppe di occupazione.
E se l’Etiopia dovesse chiedere lo stesso per i campi profughi di somali che insistono sul suo territorio?
La comunità internazionale deve incrementare i suoi sforzi per la pacificazione e la normalizzazione della Somalia onde permetterle anche di riprendere nel suo seno tutti i suoi profughi che oggi abitano i campi nei paesi vicini. E’ un dovere della Somalia accoglierli. E un dovere della comunità internazionale favorire questo rientro. E’ un dovere del Kenya facilitare questo risultato senza pretendere corrispettivi che getterebbero ombre di collusione con i movimenti che destabilizzano la Somalia.
Medici senza frontiere abbandona la Somalia – Medici Senza Frontiere, in un comunicato diramato il 14 agosto, annuncia che, dopo 22 anni, abbandona le missioni in tutta la Somalia. MSF è rimasta nel paese durante tutta la guerra civile, ma l’abbandona adesso che c’è una resurrezione delle istituzioni con la motivazione di un aumentato sostegno e tolleranza di gruppi armati e autorità civili ai violenti attacchi contro i suoi esponenti che ledono le garanzie minime di sicurezza necessarie per mantenere i programmi di assistenza. MSF abbandona anche le regioni del Puntland e del Somaliland che hanno vita tranquilla. Insomma, l’abbandono della Somalia da parte di MSF appare una precisa ritorsione alla liberazione, dopo appena due anni, del responsabile dell’assassinio di due loro esponenti nel 2011. Una liberazione, invero, deprecabile, ma che non può stupire in un paese in cui Ahmed Madobe, coinvolto nella strage di Kismayo di poche settimane fa, viene sostenuto dal Kenya e dalle compagnie petrolifere di bandiere occidentali per assumere la presidenza di una regione importante come il Jubaland.
Stupro di gruppo di AMISOM a Mogadiscio – La sicurezza di Mogadiscio è affidata ad AMISOM, l’esercito di peacekeeping organizzato dall’Unione Africana, sotto l’egida delle Nazioni Unite, con truppe dell’Uganda, del Burundi. Ma proprio queste truppe si sono rese responsabili di un atto gravissimo contro il loro onore e la loro missione. Una donna è stata sequestrata e violentata per quattro giorni nel quartier generale vicino all’aeroporto di Mogadiscio. Il governo centrale ha istituito una commissione governativa d’inchiesta ed anche Nicholas Kay, incaricato speciale delle Nazioni Unite per la Somalia, ha chiesto di fare piena luce sul drammatico episodio.
Ma fare piena luce all’interno del quartier generale di AMISOM non è nelle possibilità del governo centrale di Mogadiscio. Più sincera e rispettosa degli attuali sentimenti della popolazione è stata la dichiarazione del Ministro della difesa somalo Abdihakim Haji Mohamud Fiqi che ha detto: “Presto faremo a meno di AMISOM”.

blog di Repubblica


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