Commosso, amareggiato, con la plastica che irrigidisce il viso in una maschera tragica, Silvio Berlusconi, ha deciso di morire come era vissuto, di credere fino in fondo alle bugie che ha sempre raccontato. L’Italia non è un paese libero perché i magistrati hanno usurpato il potere. Prima cancellando DC e PSI, poi, quando un imprenditore onesto (Berlusconi Silvio) si è ribellato, scatenandogli contro un inferno giudiziario. La Cassazione ha sancito insomma ingiustizia, privando un innocente della “libertà e dei diritti politici”. Perciò gli italiani hanno il dovere di ribellarsi, contro questo “stato etico” e giudiziario, votando di nuovo Forza Italia e dandogli, questa volta, una maggioranza incondizionata. Non ha citato il governo Berlusconi. Per lui Letta può restare dove è ma sotto ricatto, mentre tra Arcore e Palazzo Grazioli si prepara l’Armageddon.
“La condanna è definitiva” scrive Repubblica: “il cavaliere ai domiciliari o ai servizi sociali”. “Berlusconi, non è finita”, risponde il Giornale: “rifaccio Forza Italia”. “Condannato ma resto in campo”, Corriere. “Condannato, non lascio”, Stampa. Per Il Fatto, un “delinquente” è stato “condannato”. “Berlusconi è ormai un morto che cammina”. Per il Foglio invece, è e resterà sempre “un prigioniero libero”.
Diciamo subito, con Luigi Ferrarella (Corriere della Sera, pagina 2), che alle prossime elezioni Berlusconi non potrà candidarsi. Sia che si voti in ottobre che a fine legislatura. Lo prescrive, per i condannati a pene superiori ai 2 anni e per reati gravi come la frode fiscale, un decreto legislativo contro la corruzione varato il 31 dicembre dello scorso anno dal governo Monti. Inoltre il Parlamento sarà chiamato a votare la decadenza del senatore Berlusconi, in forza del medesimo decreto legislativo e nei termini dell’articolo 66 della Costituzione, “cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità”.
Il verdetto della Corte di Cassazione è arrivato in tempo per i giornali della sera, alle 19,40, lasciando molti colleghi e amici giornalisti persi nel ginepraio di un’attesa troppo lunga e delle troppe parole sparate a vanvera. Non poteva che essere come è stato, il giudizio della Cassazione. Nessun vizio di forma, nessuna palese violazione del diritto si manifestava nelle due sentenze d’Assise e d’Appello. L’unica concessione possibile è stata fatta: ridurre – e per questo la Corte ha rinviato la palla a Milano – la pena accessoria”. Se quello di Berlusconi è un reato fiscale, il massimo dell’interdizione prevista è di 3 anni, non di 5 quanti ne erano stati comminati all’imputato. Il professor Coppi non poteva fare il miracolo. Non c’è e non ci poteva essere, in Cassazione, un giudice per Berlusconi. Perché i giudici, quanto più conservatori e destrorsi essi siano, non intendono più tollerare assalti alla magistratura, agguati legislativi, attentati all’ordine costituito. Scatta il cartellino rosso: oltraggio alla Corte. Berlusconi non è stato disarcionato da giudici militanti, ha perso in casa e il silenzio dei suoi fans, ieri sera, dà la misura di quanto sia ormai solo.
Ma allora perché quei nove minuti, perché quella sfida con gli occhi gonfi e il cuore in gola? L’uomo è così. Il giorno dopo chiama la D’Addario per vantarsi delle sue prolungate prestazioni sessuali. Si nutre dell’adulazione. Si compiace di conquistare i gonzi con le bugie che dice e subito promuove quelle bugie a verità indiscutibili. Tecnicamente è un mitomane. Ma mitomane spregiudicato e realista. Sa quanti Giuda affollino la sua anticamera nell’ora del cordoglio. Resuscitare Forza Italia serve a tenerli in riga. Ma sa anche che Napolitano crede ancora nella panzana delle riforme da farsi con le larghe intese, e spera di condizionarlo. Sa che il Pd non è pronto per votare, e alza il prezzo. Resti il Governo, dice, ma fermiamo la magistratura. Resti Letta, ma faccia i conti con me, non con i pallidi e pavidi che gli ho messo accanto.
Un disperato giocatore d’azzardo. Ha di fatto sfiduciato il governo, ma non ci tiene a farlo cadere lui. Minaccia di sostituire i politicanti della sua corte dei miracoli con giovani e imprenditori estratti dalla società, ma prova a tenere tutti al laccio promettendo un nuovo e ultimo miracolo. Scarica il peso delle contraddizioni e degli errori che ha fatto sul Parlamento, sulle istituzioni e sul Paese. Come sempre. E intanto prova a difendere il patrimonio, gli interessi della famiglia, la sua stessa memoria. Non riesco a provare antipatia né ostilità per questo vecchio tragico, sconfitto, e indomito venditore di sogni e di incubi. Sono gli italiani che lo hanno tenuto in vita con il loro voto. E quante belle persone, intellettuali e giornalisti hanno preferito distrarsi e volgere la testa altrove, ogni volta che attentava alle leggi del vivere civile. Per non dire dei politici che, come cavalier serventi o oppositori di sua maestà, hanno modellato su di lui le loro fortune.
Ora Deputati e Senatori del PDL dovranno decidere se rispondere “presente” alla chiamata alle armi per la Repubblica di Salò. Il Presidente della Repubblica dovrà chiarire se pensa ancora che si possa cambiare la Costituzione con un condannato in via definitiva e sotto il suo evidente ricatto. Letta spiegherà -credo – cosa intendesse quando prometteva “non governerò a ogni costo”. E il Pd, come si possa governare senza ricostruire il rapporto sentimentale con i propri elettori. Infine Grillo, dovrà chiarire fino a dove arriva il suo odio per la sinistra. Fino a farci votare con l’immondo “porcellum” e a offrire una stampella al Caimano ormai “morto”?
Ezio Mauro scrive: “Non è la destra che deve decidere se restare al governo. È la sinistra. Perché la sentenza della Cassazione non è politica ma rivela un quadro politicamente devastante”. Sul Corriere Antonio Polito chiede al Pd di tenere in piedi il governo: “chi propone soluzioni diverse avrebbe il dovere di spiegare cosa si guadagnerebbe a ricominciare da dove partimmo 19 anni fa”. Sul Fatto, Marco Travaglio : “La Cassazione ha condannato (anche) tutti quelli che l’hanno legittimato, ricevuto, favorito, riverito, salato, strusciato, addirittura promosso partner di governo e padre costituente: da Napolitano in giù. Vergognatevi, signori. E Rassegnatevi”.