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Manganellate quel giudice! (e anche gli altri)

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Quando è apparsa la famigerata intervista a Il Mattino del giudice Antonio Esposito, Presidente del collegio feriale della Corte di Cassazione che il 1° agosto ha confermato la condanna per frode fiscale inflitta a Silvio Berlusconi dai giudici di Milano, si è levato un coro di disapprovazione. In tutti gli ambienti, anche interni alla magistratura, si sono levate voci indignate di censori integerrimi che hanno commentato con sdegno l’esternazione del magistrato che si era lasciato sfuggire che Berlusconi è stato condannato perché era colpevole!

Una ingenuità del magistrato che il servizio d’ordine mediatico del condannato ha immediatamente sfruttato per alimentare la potenza di fuoco scagliata sulla testa del magistrato colpevole, non di intervista, ma del più grave reato di lesa maestà: aver deposto il sovrano, giudicandolo secondo diritto, come se la legge fosse uguale per tutti. Si è scritto così l’ennesimo capitolo della manganellatura mediatica a cui vengono sottoposti i magistrati che hanno la sventura di occuparsi degli affari illeciti di Berlusconi e dei suoi sodali (Previti, Dell’Utri, etc.). Il metodo Mesiano (il giudice che aveva condannato Mediaset a risarcire il danno derivante dalla corruzione dei giudici per il Lodo Mondadori), perseguitato e messo alla berlina dagli squadristi con la telecamera perché indossava calzini turchesi, questa volta è stato ripreso e moltiplicato per mille nella campagna che gli organi di famiglia stanno conducendo contro il giudice Esposito.

Dalla valanga di fango scagliata contro il giudice Esposito, emerge una verità inoppugnabile: è stata effettuata una intensa azione di dossieraggio sui magistrati che potenzialmente possono trattare affari “politicamente” delicati. La questione va al di là della pura vendetta scatenata da un condannato contro il giudice che ha pronunziato la sua condanna. La bastonatura mediatica condotta contro il giudice Esposito, ha un valore fortemente intimidatorio per tutti gli altri magistrati che stanno trattando, nei vari gradi di giudizio, gli affari in cui è coinvolto Berlusconi o qualcuno della sua Corte. Colpiscine uno per educarne cento.

da “Il Fatto Quotidiano”


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