Ci sono parecchie cose che valgono la pena. Berlusconi che si contorce tra rabbia e paura, i suoi scherani che mettono alla gogna il giudice che l’ha condannato, Renzi che torna e si riprende la scena. Ma parto da altro. Parto da quel che dicono oggi due economisti, stimatissimi in patria, meno all’estero per via della loro fissazione neo liberista, che li porta a negare l’evidenza della grande crisi in cui rotoliamo ormai da 5 anni. Parto da Alesina e Giavazzi. Scrivono sul Corriere della Sera: “L’Italia è ferma da due decenni. In questo periodo il reddito medio degli Italiani si è ridotto del 14 per cento mentre rimaneva sostanzialmente invariato nel resto dell’area euro e cresceva del 12 per cento negli Stati Uniti”. Sissignori, lo ammettono persino loro, cantori del liberismo di mister B, – chissà chi ha governato in questi venti anni – sentite cosa dicono i due sapienti del governo Letta: “ha già sprecato 100 giorni. Tranne un passo avanti sull’abolizione delle Province e una tardiva e parziale accelerazione dei pagamenti dei debiti alle imprese, ha sostanzialmente fatto melina”.
Ieri ho votato il decreto del “Fare”. Un documento prolisso, poco comprensibile e onnicomprensivo, con qua e là i segni dell’effrazione lobbistica (favori ai signori del calcestruzzo e agli speculatori edili, regalie a pioggia per tacitare i più diversi gruppi di pressione), ma soprattutto un decreto omnibus che, con l’alibi della necessità e urgenza, umilia l’autonomia del Parlamento. Tanto che il Parlamento non si è potuto esimere dall’approvare un documento, a firma Finocchiaro, in cui si condanna tale metodo. L’ho votato, il decreto del “Fare”, perché, stanti le cosiddette larghe intese, era il solo modo per dare un po’ d’ossigeno ai comuni e alle imprese, per riparare i muri che crollano delle scuole. Ma vi confesso che avrei voluto non sentire l’oratore ufficiale per il Pd, un distinto commerciante bresciano di nome Sangalli, che, per cantarne le magnifiche sorti e progressive, diceva cose che avrebbero fatto impallidire persino Alesina. Cari amici della Direzione Pd che oggi vi riunirete, date retta a Matteo Renzi: dite a Letta che “deve fare, non durare”. Spiegategli che non è un amico colui il quale lo elogia nascondendo la modestia dell’azione del suo governo.
“Berlusconi: ora pronti a tutto”, Corriere della Sera. Pronti a che? Dopo la passeggiata romana dei suoi fan, con pranzo pagato e aria condizionata sul pullman, ora il Caimano immagina una crisi bollente per il caldo agostano? No, lo stesso Corriere ci spiega a pagina 3 che l’obiettivo è più modesto: ”devono capire che io resto il leader”. E La Stampa è ancora più esplicita: “Berlusconi ai suoi, non cadete nel tranello”. Insomma, avrebbe richiamato i falchi (ammaestrati – definizione di La Russa!). Perché Napolitano e Letta restano per lui lo spiraglio da cui passa ancora refolo d’aria, quello che consente di sperare, o di illudersi. Il Cavaliere sa che, a breve, verranno altre condanne: recidivo! Il semplice rinvio, al 9 settembre, della “giunta delle elezioni e delle immunità” , gli regala un mese d’aria. Da non buttare.
“Lo strano doppio lavoro del giudice bugiardo”. Il Giornale si consola. Sì, Antonio Esposito integrava lo stipendio con apprezzate e ben pagate consulenze. Perché era uno dei vostri, simpatica Mussolini, che gli hai fatto il verso in napoletano dai banchi del Senato. Un giudice potente e dalla parte dei potenti. E neppure lui ha potuto salvare mister B. Il quale, fatevene una ragione, è ormai un appestato. Come Al Capone che pure aveva regalato magnifiche notti alcoliche ai ricchi e ai potenti. “Chi ha avuto ha avuto, scurdamunne u passato”. Sic transit gloria mundi. Ditevela come meglio vi piace. Fa bene il Fatto a sottolineare l’irrazionalità, arrogante e, secondo me, impotente, della reazione della destra. “Processano il giudice, assolvono il condannato”. Il CSM ha “aperto un fascicolo” su questo Esposito, reo di aver parlato prima che fossero depositate le motivazioni della sentenza.
“Renzi: niente sconti a Berlusconi”, Repubblica. Capitalizzato il silenzio stampa – ieri il suo discorso è stato seguito in diretta da mezzo mondo – Matteo Renzi ha detto alcune cose. Che non intende fare “la foglia di fico” di un accordo di potere tra i maggiorenti del Pd. “Statti buono, Matteo – gli dicevano – poi ti candidiamo e prendi i voti”. Credo sia stato sincero quando ha risposto: così, senza innovazione e con dietro la foto di famiglia (Epifani e Franceschini, Letta e Bersani, D’Alema e Fioroni) i voti non li prendo neppure io. Credo abbia ragione. Cari democratici già di osservanza bersaniana, se il vostro candidati è Letta, basta fare melina, buttatelo in campo. Vedremo se prevarrà il solido realismo del “Fare” o lo slogan che Matteo ha preso in prestito ad Alda Merini: “saremo altrove, saremo altro”.
Mentre seguivo, nella sala Mazzini, a due passi dall’aula, la diretta su Renzi, un simpatico senatore a 5 Stelle mi ha lanciato, in siciliano, un “così siete finiti?”. Nelle braccia di un ex democristiano, di un amico di Gori e di Mentana, forse anche di Della Valle, uno che non vuole il finanziamento pubblico perché alle sue necessità politiche provvedono già i finanzieri? Vedete, io vorrei che la sinistra, e intendo per sinistra quella che riflette sui disastri del ventennio trascorso, che ragiona sulla crisi di uno stato arcaico e sul processo di corruzione -frammentazione indotto nella società, quella che non si vergogna di dialogare con Rodotà e con Landini, insomma i Civati e Barca, ma anche Cuperlo e Tocci, e, perché no, Pittella, Casson e Puppato, vorrei che la sinistra del Pd si coordinasse. Costruisse un patto di sindacato non per spartirsi posti di sotto potere, ma per garantire un dibattito e un confronto spregiudicato sul futuro del partito, della sinistra, del paese.
Poi bisognerà anche provare a non perdere. E qui, temo, che dovremo scegliere tra due giovani ex democristiani. Anche perché, cari nostalgici delle feste de l’unità com’erano, Bersani ha sprecato la sua occasione e ci ha consegnati nelle mani di un signore di 78 anni che tratta Berlusconi come fosse Moro!
E allora, tra una bugia e una (sia pur mezza) verità, tra Letta e Renzi, chi volete che scelga un ex rivoluzionario (quasi) in pensione?