Chi tocca Berlusconi, deve pagare dazio. La macchina del fango funziona così. E talvolta c’azzecca. Pizzicato nella vanità, messo a nudo il suo amore per le chiacchiere e toccato negli affetti (quel figlio troppo disinvolto con la Minetti), il Giudice di Cassazione Antonio Esposito si è concesso ai giornalisti del Mattino. Che ha detto? Che secondo lui, bravo giudice conservatore, il “non poteva non sapere” non è tesi giuridicamente spendibile. Si può dire semmai “Tizio, Caio, Sempronio te l’hanno riferito”. Apriti cielo? Chi sono questo Tizio, e questo Caio? Fuori i nomi, se no si annulli la sentenza. Libero: “Processo al giudice”. Il Giornale: “Il bugiardo” (“giustizia in mutande” è l’occhiello). E il condannato trova “la prova che la sentenza era già scritta”.
Ma anche se Il Fatto scrive “Nasce il partitone dell’impunità per salvare il delinquente”, non tira aria buona per il Cavaliere. Repubblica: “Lo stop del Quirinale”. L’Unità: “non esistono salvacondotti”. E Il Corriere intervista il segretario Epifani. “Niente sconti a Berlusconi. il Cavaliere deve fare un passo indietro” perché prima dell’esecutivo del caro Letta “viene la legalità”. Dunque sì, in Senato, alla decadenza di Berlusconi, e già ieri, in aula, il Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma somigliava a una fiera in gabbia: l’ordine è di prender tempo, ma i numeri non aiutano. Ezio Mauro, direttore di Repubblica, ammonisce: “Il potere che scioglie se stesso dal bilanciamento dei poteri concorrenti, si chiama assolutismo. il potere che non riconosce i suoi limiti si chiama autoritarismo, il potere che assolutizza il carisma, bonapartismo”.
Resta il partito della stabilità. Enrico Letta che, sul sito di Palazzo Chigi, promuove i suoi cento giorni di governo. Saccomanni, di solito così prudente, che oggi spande ottimismo a piene mani: “recessione finita”, è il titolo del La Stampa. Il Sole24Ore corregge: “PIL giù da 8 trimestri”, concedendo tuttavia che “rallenta la caduta”. Poi si fa piacere il decreto del Fare: “dai bonus per le PMI all’edilizia”. Infine ammette che “sono già stati restituiti 5 miliardi di debiti della Pubblica Amministrazione”. Il Foglio di Giuliano Ferrara prova ad accomunare “il Cav e Napolitano, due antagonisti solidali” che “lavorano insieme per la stabilità”. Ma Epifani (sempre sul Corriere), pur convinto che “la maggioranza degli elettori del Pd vuole che Letta vada avanti” tira bruscamente i remi in barca: “due cose dobbiamo fare. Il conflitto d’interesse e la legge elettorale. Da settembre avanti tutta”.
Sono d’accordo con il segretario! Guarda un po’ che notizia. Certo, non è che una legge,tardiva, sul conflitto d’interesse e regole, spero decenti, per andare al voto, risolvano di per sé nulla. resta che non sappiamo fare leggi che semplifichino, ma solo pasticci barocchi come il decreto del Fare. Non sappiamo cosa dire in Europa. Ripetiamo “lavoro, lavoro” ma quello che c’è ci vergogniamo a difenderlo e quello che verrà non sappiamo come possa venire. Ma prepararci al voto, come chiedono Pittella, Civati e Renzi, chiarire per sempre che non salveremo B. e non resteremo sotto la sua aurea, beh è la condizione per recuperare un minimo di rapporto sentimentale con i nostri elettori. E senza tale recupero nulla si potrà fare nell’interesse del paese.
Vorrei provare ad esser chiaro. Cosa si cela dietro il risultato elettorale e poi i contorcimenti che abbiamo sperimentato? Che la fine del liberismo sguaiato, il crollo del “sogno” (diventiamo tutti imprenditori), la caduta della grande menzogna (via le regole e anche i poveri ci guadagneranno), la fine del Caimano, insomma, non ha lasciato in campo nessuna alternativa credibile. Dietro la parola “cambiamento”, Bersani cercava di coprire tutte le aporie e le divisioni della sinistra. I “poteri” non gli hanno creduto e hanno buttato in campo Monti, magnifico alibi per B. che si è ripreso chiudendo intorno a sé ben 7 milioni e 300mila voti. Ma molti più elettori hanno avuto paura della delusione che si annunciava (un governo del cambiamento incapace di cambiare) e hanno votato Movimento 5 Stelle.
Piccolo borghesi, partite IVA, popolo che ha incontrato movimenti di lotta svariati ma tutti a carattere locale e con un orizzonte angusto, ceti popolari delusi, sconfitti ed esacerbati. Insomma, Italiane e Italiani, che chiedono una strada a Ragusa, o la chiusura dell’Ilva che uccide il quartiere Tamburi, fiori di montagna invece che l’alta velocità in val di Susa, una sanità per tutti ma anche meno tasse, l’entrata in ruolo degli insegnanti precari, una scuola che garantisca il posto ma non costi, niente F35 né Radar americani. In Europa sì ma senza pagar dazio.. Sono le macerie lasciate da 19 anni di incontrastato dominio del grande statista. Un’Italia che chiede (anche cose giuste) ma non si fida. Che oscilla tra il “vergognatevi” voi! e il “datemi qualcosa”, a me!
E la sinistra vera e pura, cose ne è rimasto tra le macerie? Poco. Le gite sociali e i convegni intelligenti organizzati dal sindacato pensionati della CGIL, l’ostinazione di Landini che difende i diritti dei lavoratori in fabbrica anche se non sa come generalizzare il movimento, quella di Rodotà che difende, sotto l’ombrello dei diritti per tutti, la Costituzione del 48, il movimento per l’acqua bene pubblico, una certa idea di legalità. E resta il voltastomaco di tanti quando sentono parlare ancora e sempre di Berlusconi. Sentimenti importanti, ma che non bastano a costruire un’alternativa.
Ecco che, con pazienza, bisogna prima di tutto ricostruire un dialogo tra rappresentanti (pronti a rimettere il mandato) e rappresentati. Tra impotenza dei decisori (da ammettere senza infingimenti) e lo scontento di chi chiede. Abolire la barriera del “noi” e del “voi” è la prima cosa. Perciò fa bene Civati a sbattersi in ogni dove, fa bene OccupyPd, bene Barca a provare ad estrarre dagli incontri idee e soluzioni e non già “nominati”. Fa bene Renzi, qualunque cosa pensiate di Renzi, a scuotere l’albero.
Amici che siete amareggiati e pessimisti, ma perché al Cairo, a Istanbul, a Rio, i ragazzi continuano a scendere in strada? Perché ci provano anche se le loro elites nazionali sono più marce delle nostre? Forse sanno che con il voi e il noi ingrassano i Mubarak, gli Erdogan come un tempo il Re Sole.