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PD, non serve solo un congresso. Serve una vera costituente

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Perché Il gruppo dirigente del partito democratico è indeciso a tutto? Oscilla sui capitoli essenziali di una linea politica, fa fatica a definire un percorso per scegliere il segretario, litiga ai bordi del collasso dei settori impoveriti dalla crisi. Appoggia, a dispetto dei santi e di una clamorosa sentenza della Cassazione, il governo delle “larghe intese” che ha come “sottotesto” proprio Silvio Berlusconi. L’incertezza del ceto che ha preso in mano le redini del Pd (un’analisi più argomentata andrebbe svolta su come sia intervenuto un vero e proprio cambiamento antropologico) non è probabilmente casuale. La verità sottesa a simile imbarazzante parabola è da pronunciare come fece il famoso ragazzo dicendo che “il re è nudo”: il contenitore piddino ormai non regge più e va superato. La formula magica da usare in simile inesorabile operazione è di tagliare la scorza senza far del male al contenuto soggettivo: il popolo democratico che non merita di morire d’inedia o di assistere al perenne coro dell’Aida, “partiam partiam”: rimanendo fermi. L’immobilismo è un modello di gestione del potere, perché tutela l’autoconservazione dei gruppi dirigenti. E il puzzle delle date congressuali non assomiglia alla celeberrima frase di Tancredi ne “Il Gattopardo” (“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”)? Il governo non ha gran futuro, comunque la si metta. Almeno si cambi subito il Porcellum. Non ci sono più alibi. Basterebbe estrarre a sorte una qualsivoglia legge elettorale in vigore in Europa, tanto è meglio di quella italiana. Ma si ritorni al “Mattarellum”….

E’ un malinconico finale di partita. E’ bene fare un bagno di realtà, prendere atto di ciò che è avvenuto.

Il Pd nacque con ben altre intenzioni, ma la sottovalutazione della portata del berlusconismo –componente cruciale della cultura di massa italiana, prima ancora che fenomeno politico- spense rapidamente il potenziale alternativo del progetto, spostando via via il baricentro verso un neo-centrismo sfasato rispetto alla radicalità dei conflitti sociali; mentre la crisi dell’organizzazione di partito è degenerata in un meccanismo correntizio bloccato e spaventoso. Cattivo. Come ha rilevato presentando il suo bel documento Fabrizio Barca. Al punto che se non si sta dentro un gruppo si è automaticamente esclusi pressoché da tutto.

In tale contesto, non in un libro di sogni, si dibatte sulle regole, sulle modalità, e così via. Tuttavia, se la stagione congressuale, non più rinviabile, non discute dei capitoli essenziali di una cultura politica riformista non ha senso neppure rimanere iscritti. Il futuro (eventuale) del Pd sta nella sua ri-fondazione come soggetto di una sinistra moderna, capace di leggere le contraddizioni dell’era post-fordista, digitale e di prendere in mano decisamente la bandiera della difesa della Costituzione. La mediazione più avanzata prodotta dalla lotta di Liberazione e unico orizzonte per il paese. La parabola discendente del berlusconismo è pericolosissima, perché sta facendo lievitare gli “spiriti animali”; liberando la componente eversiva del populismo. Una inedita sinistra riformista ha il compito di svolgere il dibattito sulla democrazia partecipata, aggiornando le opportunità di interazione con la società: costi della politica, ricambio dei gruppi dirigenti, ricostruzione delle scuole di formazione politica, attenzione rigorosa all’istruzione, alla ricerca, all’università, ai saperi, alle nuove reti della comunicazione. Tutela della Carta non vuol dire, ovviamente, non toccare il bicameralismo perfetto o il numero dei parlamentari. Eppoi, finalmente una discussione sul mondo, sulle politiche internazionali. E’ assurdo che l’Italia in crisi mantenga un programma bellicista, costosissimo e inutile come gli F35 e partecipi per inerzia alle diverse avventure internazionali : senza una discussione seria. E senza che quanto avviene nel Medio Oriente, a cominciare dalla rimossa vicenda palestinese, diventi tema di prim’ordine.

Dunque, serve un congresso aperto e tutto politico. Un appuntamento che si incroci con l’omologa scadenza di “Sinistra, ecologia e libertà”, che non si capisce proprio perché debba rimanere un’entità diversa. Congressi ri-costituenti (altri l’hanno già detto e scritto autorevolmente), con la voglia di scandagliare ciò che si muove dopo la sottile linea rossa: 5stelle, Rivoluzione civile, radicali. Movimenti, associazioni, proposte di estremo interesse come quella lanciata da Landini, Rodotà, Zagrebelsky. In fondo, mutatis mutandis, questo voleva essere inizialmente il partito democratico: un luogo costruito sull’intreccio di storie e culture diverse. E ora urge l’apertura di una stagione integralmente nuova: una Costituente, che porti ad un soggetto politico in grado di riscrivere la morfologia del vecchio centrosinistra. Più che una classica mozione congressuale servirebbe una piattaforma di medio e lungo periodo, propedeutica a degli “Stati generali”.

Insomma, si chiariscano il metodo e il senso, prima di azzuffarsi sui volti e sui nomi. Altrimenti, non rimarrà che prenderne, con tristezza e rabbia, atto.

* da l’Unità


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