La ‘ndrangheta avrebbe pianificato un agguato per uccidere Giulio Cavalli: un finto incidente per eliminare un artista che da anni si batte contro la mafia.
Lo afferma Luigi Bonaventura, un pentito della cosca Vrenna-Bonaventura che di recente, con le sue testimonianze, ha contribuito all’arresto di oltre 130 membri della principale cosca di Crotone, nel corso dell’operazione Heracles coordinata da Pierpaolo Bruni della DDA di Catanzaro.
L’attentato, secondo il pentito, avrebbe dovuto essere condotto mediante un camion che avrebbe dovuto investire Cavalli appena gli fosse revocata ( per una “dimenticanza” burocratica fra Lodi e Roma) la scorta. In un primo momento era stata presa in considerazione un’overdose forzata di eroina, ipotesi poi scartata perché, non essendo la vittima un consumatore di droga, l’esame autoptico avrebbe poi destato sospetti negli inquirenti; perciò l’idea del falso incidente stradale.
Cavalli “è uno scassamichia”, “non si fa i c… suoi”, “va ai processi”, “porta l’antimafia in teatro”.
La testimonianza colpisce per la lucidità con cui Bonventura racconta come Cavalli “non sarebbe potuto morire per mano della ‘ndrangheta perché se ne sarebbe fatto un martire”, di come ci fosse la necessità di “delegittimarlo”. Ancor di più colpisce la descrizione della lingua parlata dagli organizzatori dell’attentato: “parlano tutti in italiano senza accento”. La ‘ndrangheta, in Lombardia, è propro diventata “moderna”.