La notizia che la prossima settimana alla Camera può cominciare la discussione in aula della nuova legge sulla diffamazione ci chiede di osservare con grande attenzione le vicende che ci riguardano anche quando incombe l’indispensabile pausa estiva. Il testo unificato che la Commissione Giustizia proporrà all’aula contiene molti elementi che possono essere considerati dei passi avanti, ma ci sono pure delle ombre ancora da diradare.
Giuseppe Giulietti e voi, amici tutti di Articolo 21, siete sempre solleciti sul tema. Laddove serve, noi della Fnsi non staremo in silenzio. A nessuno, noi e voi, è permessa l’indifferenza quando sono in discussione questioni vitali per la qualità per la vita democratica, dei diritti e dei rapporti civili. Diciamo subito che della nuova proposta di legge punto qualificante è, senz’altro, l’eliminazione del carcere tra le pene previste attualmente dal Codice (giudicata universalmente contraria ai dettati sui diritti e le libertà dell’uomo e dei cittadini). Alcune vicende giudiziarie, avevano abbondantemente messo in luce l’assurdità e l’abnormità della pena detentiva da noi contrastata da anni, indifferentemente dalle maggioranze di governo che si sono alternate nel tempo.
Importante anche il rilievo che finalmente si riconosce alla rettifica come vero atto ricostituente dell’onore in caso di danno procurato e come condizione di improcedibilità penale e come elemento decisivo per calcolare il valore dell’eventuale danno civile. Ma proprio qui c’è un punto da chiarire: la rettifica senza commento può andar bene ma va introdotta la condizione che deve riguardare fatti alternativi rispetto a quelli pubblicati, non obbligare a pubblicare, con la rettifica, notizie false. Più delicata la questione per le pubblicazioni on line e, specialmente, per i giornali elettronici che contengono anche dei blog. Se è giusto assoggettare tutti i media alle stesse norme è evidente che sui processi di informazione continua in rete occorre una necessità di approfondimento per le modalità di rettifica e l’applicazione della distinzione che la legge prevede per i giornali rispetto ai blog. Tempi, modi e visibilità della rettifica su elementi di chiarimento o contro verità accertabile dovranno essere precisati. Il rischio che ci possa essere chi, invocando impropriamente, ma (senza precisazione delle nuove norme) persino legittimamente, la rettifica, ne approfitti per coltivare interessi di qualsiasi genere ma non quello del diritto all’informazione, è tutt’altro che scongiurato. Sempre in tema di rettifica, proprio quando si precisano le responsabilità gerarchiche dei giornali, va chiarita l’attribuzione di questo obbligo. Vicende recenti hanno evidenziato come collaboratori di frontiera, esposti a ogni rischio e pagati pochi euro ad articolo, non abbiano il potere di decidere la pubblicazione della rettifica. Non possono essere chiamati a pagarne il conto. Indubbiamente pesa l’accantonamento del Giurì per la lealtà dell’informazione, che andrebbe invece introdotto anche per redimere in tempi brevissimi controversie su questa materia.
Non si capisce poi la nuova norma, giustamente introdotta per riconoscere il segreto professionale a tutti i giornalisti, pubblicisti (finora privi di questa copertura) e professionisti, che viene immediatamente vanificata da un’altra che annulla la forza di questa guarentigia. Si prevede infatti l’obbligo dei giornalisti di rivelare la fonte dell’informazione, “se le notizie sono indispensabili ai fini del reato per cui si procede”. Un colpo di spugna sulle fonti fiduciarie, risorsa tipica del giornalismo libero in tutto il mondo.
Per tutte queste ragioni, un supplemento anche rapido di ragionamento per rendere pienamente coerente la nuova legge con gli indirizzi di democrazia liberale dichiarati sarà quanto mai opportuno. Ancora un piccolo sforzo e si potrà avere una buona legge per tutti.