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L’eccesso di potere dell’Agcom

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Maledetto il giorno in cui a qualcuno di noi venne in mente di immaginare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dotandola di poteri enormi, cross-mediali. Costituire l’Agcom fu certo una scelta giusta, ma qualcosa va ripensato davvero. L’eccesso di potere ha dato probabilmente alla testa, facendo immaginare al collegio dei garanti di avere la facoltà di sostituirsi al legislatore o alla magistratura. È il caso del regolamento per la tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, varato lo scorso 25 luglio a dispetto dei santi. Già, perché il precedente presidente Calabrò e l’allora consiglio dell’Autorità – solo qualche mese fa – presero atto dell’impossibilità di emanare un regolamento amministrativo in assenza di una fonte primaria: una legge. Del resto, la pur discussa e discutibilissima (peraltro semi-fallita) disciplina francese è una legge, non un provvedimento di diversa natura. Ed è così nei diversi paesi, dove spesso si sta dibattendo in modo assai interessante ed evoluto di uno dei capitoli cruciali del capitalismo digitale e dei diritti nell’era della rete. Negli Stati uniti il congresso ha preso in esame a lungo il tema dei creative commons, delle aree intermedie tra vecchie culture proprietarie e mera pirateria: lungo le strade suggerite dal consesso dei giuristi più attenti alla nuova realtà del consumo di massa e all’approccio naturale dei nativi digitali. Ciò non significa non remunerare il lavoro intellettuale, bensì immaginare forme e modelli adatti alla stagione del mondo in cui viviamo. A che servono le grida manzoniane dell’Agcom, che finiranno per perseguire i più semplici navigatori, e ingaggeranno una guerra a guardie e ladri con i pirati di professione? Si leggano con cura gli articoli del regolamento e si facciano simulazioni sugli effetti. Come ha scritto con precisione Fulvio Sarzana, avvocato specializzato in materia, l’utente downloader non è affatto salvo. In quasi tutti i programmi di condivisione di file, il downloader è contemporaneamente l’uploader – scaricare e caricare si intrecciano e si sovrappongono. Molti programmi di filesharing non permettono il downloading se quest’ultimo non è messo a disposizione degli altri. È la filosofia della rete, della conoscenza come bene comune, dell’economia politica del digitale, in cui il valore di scambio passa per canali a volte molto diversi. La riconoscibilità, il successo, la circolazione fuori dalle proprie nicchie (nella “coda lunga”), le tariffe flat sono opportunità partecipative e modalità di business. Del resto, la legge sul diritto d’autore è obsoleta, risale al 1941, un vero secolo mediatico or sono. Così, la stessa direttiva comunitaria è in corso d’opera, dopo una lunghissima fase ascendente.

Insomma, si varcano probabilmente i confini delle funzioni assegnate all’Agcom, mettendo in questione libertà individuali che solo la legge può regolare. Le associazioni hanno protestato e la consultazione pubblica non sarà una passeggiata. È lecito sperare in un ripensamento? Tra l’altro, lo schema è fragile e contiene numerose chicche, come la comunicazione di avvio del procedimento accompagnata dalla richiesta di informazioni per identificare il gestore (un altro Grande Fratello? e l’Autorità per i dati personali che dice?); o la ricognizione dell’«incoraggiamento alla fruizione di opere digitali»; o la tempistica abbreviata ben poco garantista. Per dirla con Agatha Christie, il colpevole lascia i suoi segni. Il capo IV sulla tutela del diritto d’autore sui servizi media chiama in causa la vecchia tv generalista, sulle barricate per difendersi dai barbari. Che così vinceranno a mani basse.

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