Si è conclusa ieri la riunione di Kampala tra i capi di Stato e di Governo dei paesi contributori delle truppe dell’Unione Africana per la Somalia (AMISOM). Alla presenza dei Presidenti dell’Uganda, del Kenya, della Somalia nonché del Primo Ministro di Etiopia, del Ministro della difesa di Gibuti, del Ministro della difesa del Burundi, del Rappresentante permanente della Sierra Leone presso l’Unione Africana e dei più alti esponenti di AMISOM e dell’Unione Africana sono state prese importanti decisioni per la pacificazione e la stabilizzazione istituzionale della Somalia.
Il Comunicato finale non lesina encomi per i risultati ottenuti da AMISOM nel ridurre la capacità offensiva di Al Shabab e per il ruolo cardine svolto dall’ente di sviluppo intergovernativo IGAD e dall’Unione Africana a favore della Somalia.
E’ stato accolto con vivo favore il dispiegamento di truppe aggiuntive in AMISOM da parte di Gibuti, Kenya e Sierra Leone affianco ai primi aderenti ugandesi e burundesi e si sono incoraggiati altri paesi africani a contribuire alla missione militare.
E’ stato ribadito quanto deliberato nell’Assemblea Ordinaria e Straordinaria dell’IGAD, svoltasi lo scorso 3 maggio ad Addis Abeba, circa il ruolo guida che il Governo Federale della Somalia (FGS) deve assumere nel processo di riconciliazione della Somalia, nella formazione delle amministrazioni locali del paese e nel contrasto ad Al Shabab di cui è stata condannata senza appello l’attività terroristica che ha portato alla perdita di vite civili ed alla distruzione di patrimoni.
Proprio sul fronte della lotta ad Al Shabab, il Comunicato finale afferma che le forze di AMISOM e quelle della sicurezza nazionale somala hanno raggiunto i loro limiti operativi e non sono in grado di porre in essere altre operazioni per espandere l’influenza e l’autorità del FGS come previsto nei protocolli di intesa tra Unione Africana e ONU. Si è così deciso di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per ottenere il supporto necessario ad aumentare le capacità e l’equipaggiamento delle due strutture militari.
A questo proposito un paragrafo particolare del Comunicato finale è dedicato alla delicata questione della Regione del Jubaland, teatro nei mesi scorsi di forti tensioni tra Somalia e Kenya, che vengono invitati a proseguire nel dialogo fermo restando, tuttavia, che, in accordo con la Costituzione Federale Provvisoria somala, il controllo del porto e dell’aeroporto di Kismayo sia affidato al Governo di Mogadiscio mentre altre forze multinazionali di AMISOM verranno schierate a Kismayo. E’ questa la risposta del vertice di Kampala al Kenya che aveva dichiarato che non avrebbe lasciato il suolo somalo fino alla completa pacificazione della Somalia rischiando, così, l’accusa di invasione.
Un’altra frecciata al Kenya è presente nel Comunicato finale di Kampala in cui si afferma il dovere di fermare le esportazioni di legname verso i paesi arabi secondo le raccomandazioni dell’ONU: un’attività cui era dedita Al Shabab prima dell’estromissione dal Jubaland e di cui oggi il Gruppo di Monitoraggio dell’ONU accusa il Kenya che occupa proprio quell’area dopo l’occupazione di ottobre 2011 alla quale è stata legittimata a posteriori con l’ammissione ad AMISOM.
Viene, invece, visto con preoccupazione l’affermarsi di società di sicurezza private in quanto finiscono con lo sminuire gli sforzi per la ricostituzione delle forze di sicurezza della Somalia e distoglierne le risorse. Proprio il 30 luglio, infatti, il Ministro della difesa somalo aveva stipulato con la società The Atlantic Marine and Offshore Group, di origine olandese ma con sede a Sharjah, il terzo staterello degli Emirati Arabi, un accordo per il pattugliamento del mare nord orientale contro la pirateria: fenomeno in forte diminuzione, ma che ancora mantiene in ostaggio 50 marinai stranieri. Un accordo molto criticato perché non deliberato dal Consiglio di ministri né, tanto meno, dal Parlamento, ma annunciato dall’Ufficio del Presidente Mohamud senza la diffusione del testo eppure del costo di 132 milioni di euro oltre al 25% di ogni materiale esportato dall’appaltatore ed al versamento di una ingente cauzione. La società si è impegnata a fornire alla Somalia due navi per il servizio, ma non è un cantiere navale e quindi ne medierà la fornitura.
Il Comunicato finale del vertice di Kampala prosegue annunciando che, al fine di favorire lo sviluppo dei territori in cui opera AMISOM, è stato deliberato che, ove possibile, i rifornimenti delle truppe avvengano sui mercati locali e non attraverso importazioni.
Si è poi stabilito di fissare riunioni trimestrali per AMISOM e per l’IGAD al fine di monitorare i progressi della sicurezza e dello sviluppo della Somalia con particolare riferimento alla ricostituzione delle forze di polizia e di sensibilizzazione politica e di riconciliazione.
Da ultimo si è rinnovato l’impegno ad addivenire ad elezioni a suffragio universale in Somalia per il 2016.
Bisogna riconoscere al Presidente somalo Mohamud l’abilità di aver evitato la contrapposizione diretta col Kenya sulla questione di Kismayo e di averla portata a Kampala dove ha conseguito l’importante vittoria di vedersi attribuito il controllo sul porto e l’aeroporto della città (con l’incasso dei diritti doganali) e di ottenere l’arrivo nel Jubaland di truppe AMISOM multinazionali in sostituzione di quelle del Kenya.
Per questo risultato è stato determinante, in favore della Somalia, l’appoggio dell’Etiopia che non ha apprezzato affatto come il Kenya ha affrontato la questione di Kismayo con le uccisioni di civili, tra cui donne e minori, le violenze sulle donne e la distruzione di proprietà ad opera delle Brigate Ras Kamboni di Madobe.
Purtroppo il Presidente Mohamud non ottiene all’interno gli stessi successi che coglie all’estero e di cui va giustamente orgoglioso.
La precaria sicurezza di Mogadiscio, ormai ufficialmente, non viene più attribuita solo al terrorismo di Al Shabab, ma anche alle opposizioni politiche mascherate da fondamentalismo islamico. L’hanno affermato il Generale a capo della Polizia nazionale e il Governatore della Regione Barandir cui appartiene Mogadiscio.
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