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Il peso di una sentenza

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Nel sistema giudiziario italiano, all’annuncio di una sentenza seguono entro un mese, o più tardi,  le motivazioni che giustificano la pronuncia dei giudici. Nel processo centrale per la politica italiana da almeno vent’anni, quello a Silvio Berlusconi per la frode fiscale commessa dagli anni Ottanta ad oggi dal gruppo televisivo e finanziario del Cavaliere con l’ammontare di molti milioni di euro. Un processo con  tre gradi di giudizio fino alla sentenza della Cassazione che lo ha condannato a quattro anni di reclusione (di cui tre condonati) e all’interdizione per tre anni dai pubblici uffici. Una pena accessoria  che la Corte di Appello di Milano dovrà, se è il caso, misurare di nuovo.

Le motivazioni che la Corte di Cassazione ha reso note ieri – meno di un mese dopo la sentenza, con una condanna firmata da tutti i giudici del collegio e non soltanto dal presidente e dall’estensore-peggiorano,  senza alcun dubbio, l’immagine che l’ex presidente del Consiglio e tuttora capo discusso del PDL e del centro-destra italiano. La vicenda che ha portato l’imprenditore di Arcore davanti ai giudizio non  è particolarmente complessa ed è soltanto uno dei molti processi a cui Berlusconi dovrà far fronte nei prossimi mesi. Basta pensare al caso della prostituzione minorile per le “Olgiettine” e la marocchina Ruby o il processo napoletano per la compravendita di parlamentari nel 2008, tra i quali spicca l’ex senatore De Gregorio, passato dall’IDV al PDL e quindi reo confesso della compravendita di cui fu attore.

Ma questa è la prima vicenda arrivata, per la lentezza della giustizia italiana, ai tre gradi di giudizio ed ora il senatore Berlusconi deve farvi fronte e il nove settembre prossimo deve difendersi da una possibile decadenza dalla sua carica che includerebbe nello stesso tempo  l’esecuzione  della sentenza della Cassazione, se non ci sarà grazia o commutazione pecunaria della pena, ma soprattutto, con l’esecuzione della legge Severino del 2012 (votata l’anno scorso anche dal PDL) incandidabilità al parlamento per le elezioni politiche prossime (che avranno luogo nel 2014 o al più tardi nel 2015). Di qui nasce, da una parte, il peso delle ragioni che spiegano il suo ruolo nella lunga frode fiscale di cui è stata protagonista per trent’anni il suo gruppo televisivo e d’altro lato la dura lotta politica che l’uomo di Arcore conduce per evitare la decadenza da senatore, l’incandidabilità futura e intanto l’esecuzione della pena subita nell’ultimo processo. Le motivazioni della sentenza della Cassazione non gli danno spago per la difesa complessiva politica e giudiziaria che sta conducendo nello stesso tempo perché parlano della “pacifica diretta responsabilità di Berlusconi per la ideazione, creazione e costruzione del sistema che consentiva  la disponibilità del denaro separato e occulto di Mediaset e danno ai  fatti ricostruiti dai processi di merito, secondo i giudici di Cassazione, una “granitica conferma logica”. E’ difficile essere più chiari e netti di così rispetto alla responsabilità penale di un imputato. E i giudici hanno ritenuto di doverlo fare di fronte a un’opinione pubblica che sta prendendo atto dell’inevitabile tramonto politico di Berlusconi ma che è sottoposto a un martellante contraddittorio tra i due partiti che sostengono il governo Letta e che attendono con sentimenti contrastanti un primo epilogo della vicenda quando il Senato, alla ripresa dei lavori, dovrà deliberare sulla possibile decadenza del senatore Berlusconi.


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