“La condanna giova o danneggia Berlusconi?”, questa la domanda che campeggia su alcuni giornali italiani, con tanto di appassionati editoriali.
Secondo costoro il cavaliere dimezzato, moderna variante del visconte di Calvino, ora potrebbe giocare la carta del martirio e parlare ai suoi dal “confino” dei domiciliari, magari mentre assiste un gruppo di rifugiati politici libici o kazaki. In questo modo diventerebbe più forte che mai e spianerebbe gli avversari, interni ed esterni.
Questa lettura dei fatti, ovviamente, ha anche l’obiettivo di far passare in secondo piano una sentenza grave e senza precedenti e di puntellare un governo che non deve cadere per “così Vuolsi colà dove si puote”.
Altrove la discussione non si sarebbe neppure aperta, Berlusconi, e non da oggi, si sarebbe dovuto dimettere o sarebbe stato costretto a dimettersi.
La sentenza di ieri, per altro pronunciata da un collegio che non odorava certo di “toghe rosse”, è di quelle che non ammette repliche.
Questo é il punto con buona pace dei pompieri e di quelli che hanno deciso di non vedere e di non sentire.
Se qualcuno ancora pensa che, in questo contesto e con questo interlocutore, perché resterà il capo indiscusso del partito, si possano riformare la Costituzione e la giustizia allora siamo davvero in presenza di un disegno avventurista, pericoloso per il futuro stesso delle istituzioni democratiche.
La sentenza di ieri ha concluso un ventennio, non solo sul piano giudiziario, ma anche su quello politico.
Oltre alla corruzione, e alla evasione fiscale, i giudici hanno rilevato la pericolosità e la invasività di un conflitto di interessi che ha condizionato i comportamenti di questi ultimi decenni. Se proprio si vuole trarre una indicazione politica dalla sentenza allora sarà il caso di presentare al Parlamento una proposta di nuova legge elettorale e di regolamentazione del conflitto di interessi, di votare con la maggioranza che si formerà e di convocare le elezioni, prima che il vecchio (in tutti i sensi) afferri il resto, Italia compresa per i piedi, e trascini tutto sotto le macerie etiche, sociali, politiche. Nel frattempo, ora più che mai, sarà davvero il caso di riunire quanti hanno già espresso la loro contrarietà agli stravolgimenti della Costituzione, per concordare una linea di azione immediata e condivisa.
Dal momento che a un condannato in via definitiva è stato consentito di insultare i suoi giudici a reti semiunificate a colpi di videocassetta da lui prodotta, lo stesso trattamento sarà da oggi riservato a tutti gli altri pregiudicati? Chi replicherà alle ingiurie? Il presidente della Corte Costituzionale? Il presidente del consiglio superiore della magistratura (Napolitano)? Il presidente della Cassazione?
Quel videomessaggio era tecnicamente e politicamente “eversivo” a chiunque altro non sarebbe stato consentito, ma proprio questo é il punto: Berlusconi e i suoi sostengono che i voti raccolti dal cavaliere lo rendono diverso dagli altri cittadini, quasi “legibus solutus” per usare una formula tanto cara a Luigi XIV e a tutti i teorici dell’assolutismo monarchico o imperiale.
Questa convinzione, tacitamente accettata da molti, ha profondamente inquinato la nostra vita istituzionale, alterando il principio di uguaglianza e modificando gli equilibri tra i poteri.
Questa deriva va bloccata ora e subito. Nei giorni scorsi il segretario del Pd Epifani aveva invitato la destra a non tirare la corda perché rischiava di rompersi. Sarà il caso di prendere atto che quella corda é rotta, e non da ieri.