E’ talmente confusa, oltre che tragica, la situazione in Egitto che ora ci sono anche quelli che gli americani definiscono i “danni collaterali”. Vittime naturalmente i reporter. E’ successo ieri sera a Damainhour, una cittadina nei pressi del Cairo, nel delta del Nilo. A un posto di blocco, durante la notte, un’auto ha fatto una strana manovra e i soldati hanno aperto il fuoco uccidendo Tamer Abdel Raouf del quotidiano filo-governativo “Al Ahram” e ferendo un suo compagno di viaggio. I giornalisti sono esentati dal coprifuoco ma in quell’inferno le armi vengono prima delle parole. Raouf è il quinto reporter morto solo in questi giorni, il decimo dall’inizio della rivolta.
L’Egitto è sicuramente al momento il posto più pericoloso per i testimoni, insieme alla Siria dove siamo costretti a registrare un’altra vittima: tre giorni fa a Daraya è stato ucciso da un cecchino il giovane (26 anni) fotoreporter Shaher Momani, colpevole solo di documentare le atrocità di una guerra fratricida.
Per tornare all’Egitto, la situazione continua ad essere incandescente. L’assalto alle chiese e l’esecuzione di decine di poliziotti hanno innescato ormai una spirale di violenza che pare inarrestabile. I fratelli musulmani, dopo decenni di politica moderata, sono tornati al terrorismo e la repressione dei militari diventa sempre più dura e sanguinosa. Ieri intanto è stato arrestato il leader dell’opposizione, il settantenne Mohammed Badie. Era nascosto in un appartamento di Nasr city, nei pressi di piazza Rabaa, centro della rivolta. Insieme a lui è stato arrestato anche Youssef Taalat, portavoce dei fratelli musulmani. Guida provvisoria della Confraternita è stato subito nominato Mahmud Ezzat, chiamato “la volpe”. Il processo per gli ultimi arrestati è stato già fissato per il 25 agosto: erano latitanti dal mese scorso, accusati di incitazione alla violenza contro le forze della sicurezza e le istituzioni dello Stato, oltre che per l’uccisione di otto manifestanti a giugno davanti al quartier generale del Cairo. Ora si trovano nel carcere di Torah, lo stesso dal quale l’ex rais Hosni Mubarak potrebbe già uscire oggi, dopo l’ordine di scarcerazione della giustizia egiziana. Una mossa che potrebbe rappresentare forse un “ritorno al futuro”.