“IMU, Berlusconi va allo scontro”. ”Berlusconi, l’offensiva d’agosto”. I titoli di Repubblica e del Corriere sono tutti per lui. Comunque la pensiate, condannato per frode fiscale, in attesa di andare ai domiciliari, (quasi) interdetto dai pubblici uffici, è ancora Berlusconi il centro di gravità del nostro sistema politico. Non si rassegna e c’è del metodo nella sua pazzia. La trincea dell’abolizione della tassa sulla prima casa, per esempio, sarà inefficace, ridarà solo pochi euro a operai e pensionati, non risolverà nessun problema del ceto medio, ma ha un senso. Altro se ce l’ha: lega in catena tutti i proprietari, anche piccoli e piccolissimi, alle grandi fortune immobiliari. Salda la difficoltà di pagare le imposte di quelli che non mettono insieme il pranzo con la cena, all’evasione fiscale dei possessori di panfili, degli arricchiti di mafia, dei manager e dei signori della finanza. È una bandiera ideologica, non una misura economica.
“L’IMU spacca la maggioranza”, scrive La Stampa. “IMU il no di Epifani”, L’Unità. È davvero così? Il Pd ha risposto picche, scelga il PDL se aprire o no la crisi di governo? Temo che la situazione sia più complicata. Si dia un’occhiata al Fatto Quotidiano: “Napolitano pranza col Pd. Tenetevi B o me ne vado”. Il Presidente della Repubblica avrebbe invitato a Castelporziano il segretario Epifani, il presidente della commissione Affari istituzionali, Finocchiaro e i Capi gruppo Zanda e Speranza. Per ripetere, secondo il Fatto, il suo no a un’altra maggioranza dopo le larghe intese. A costo di dimettersi. Se, dunque, il Pd rompesse con B, lasciando Letta al suo destino, romperebbe pure con il Quirinale, tradirebbe la sua storia di “partito delle istituzioni”, disposto a tutto per garantire la “governabilità”. Al tempo stesso, Berlusconi è avvertito: se Napolitano lasciasse, poiché sembra che Grillo rimpianga la non elezione di Prodi, potrebbe essere proprio Prodi il nuovo inquilino del Quirinale, quello a cui toccherebbe, se il caso, di sciogliere le Camere.
“Ad Arcore ripete a tutti la frase di Andreotti: proveranno a farti fuori”. Corriere della Sera, il retroscena di Tommaso Labate. Chi lo conosce sa quanto Berlusconi possa risultare patetico quando sa di essere in difficoltà. Come possa ripetere mille volte al giorno la frase che più lo ossessiona. Ma anche in questo, credetemi, c’è del metodo. Prima di morire, il Divo gli avrebbe detto “proveranno ad ammazzarti”. Ecco, che quella della Corte di Cassazione non è più una sentenza ma un insulto al diritto, l’avviso di un’esecuzione sommaria, il tentativo golpista di decapitare il centro destra. La battaglia contro la tassa sulla proprietà qui si lega a quella contro l’autonomia della magistratura (“funzionari pagati” che usurpano “il potere del popolo”). Lo Stato che Berlusconi propone è fatto di potenti e di gruppi di interesse che, liberi di “produrre” ricchezza, senza vincoli né controlli di legalità, alla fine favorirebbero anche gli omini delle partite IVA, i piccoli proprietari, o i lavoratori a cottimo e quelli che accettano compensi in nero pur di sbarcare il lunario. Sì, lo so, con questa ricetta noi italiani abbiamo perso il 14 per cento del reddito in 20 anni (Alesina e Giavazzi). Ma dov’è l’alternativa?
Scrive Piero Ignazi su Repubblica: “il servizio al Paese che il Pd ha assicurato, e il Premier Letta sta personalmente offrendo con ammirevoli sforzi, diventerebbe un drammatico ‘disservizio’ se cedesse sul primato della legge e sull’arbitrio del più forte”. Eppure Berlusconi aspetta un segnale, chiede a Napolitano, chiede a Letta, esige da Epifani che gli si garantisca libertà d’azione. Chiede che si annullino gli effetti della sentenza passata in giudicato: arresti domiciliari, decadenza da Senatore, non diritto a candidarsi. Intanto, “Tutti gli uomini di Marina”, scrive Libero, Berlusconi rinfodera la carta Marina, gela l’entusiasmo di chi a destra si era detto: va bene, Silvio in carcere a fare il martire e un’altra Berlusconi capo lista. Si può fare. E no, “Marina verrebbe “ammazzata” pure lei, non ci sto”. Dice il padre. No, “il mio posto è in azienda, giù le mani dalla “roba” di famiglia”. Fa eco la figlia. Per ora, tutti con Silvio
“Esposito si è tradito, sentenza da annullare”, dice Nitto Palma al Giornale. E Sallusti gongola: il Csm ascolterà l’intera registrazione del colloquio tra Antonio Esposito e il giornalista del Mattino. “I segreti di un giudice nascosto in un audio”, è il titolo di prima pagina. La macchina del fango che approfitta del giudice (gonzo?) e chiede al Guardasigilli di fare ingiustizia. Poi sarà la volta del Senato, che per legge dovrebbe escludere Silvio dalle sue fila, ad esser messo sotto pressione. E di nuovo Letta, sotto ricatto, e il Pd e Napolitano. Il brogliaccio è scritto, il copione verrà modulato tenendo conto dei sondaggi che l’uomo di Arcore continua a pagare e a leggere con avidità.
“Una governabilità senz’anima non serve a nessuno. Tanto meno allo stesso Pd. Che se vuole dare senso alla sua partecipazione al governo di emergenza deve smetterla di perdere il proprio tempo su date e regolette, e indicare i punti qualificanti della sua agenda di governo”. Sempre Ignazi. Il guaio è che “date e regolette” nascondono la volontà dell’apparato, dei funzionari, degli uomini in grigio del partito democratico, di non perdere la loro presa sui “territori”, e con essa lavoro e stipendio. Mentre l’ala governativa del Pd conosce una sola agenda: tirare a campare. Purtroppo.
Persino Obama si è reso conto (tardi) che dovrà liberarsi del patriot act, dell’ideologia della sicurezza a tutti i costi che ispirò George W Bush e l’America dopo l’11 settembre. La sinistra, se preferite l’area democratica, è destinata ad annegare se continua con i compromessi, se non capisce che deve chiudere i conti con il liberismo, con i ricchi sempre più ricchi e con l’illegalità del capitalismo, con lo smantellamento del welfare e l’insulto ai diritti dei lavoratori. Se non ora, quando?