Dopo una settimana di trattative serrate, si è concluso ad Addis Abeba, sotto gli auspici della Presidenza del Consiglio dei Ministri degli esteri dell’IGAD ed alla presenza di Nicholas Kay, inviato speciale per la Somalia del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, di Michele Cervone D’Urso, inviato dell’Unione Europea per la Somalia e di Nkosazana Clarice Dlamini-Zuma, Presidente della Commissione dell’Unione Africana, l’accordo tra il Governo Federale della Somalia e la Delegazione del Jubba, l’area che copre l’intero meridione della Somalia a confine con il Kenya e che accoglie le tre regioni del Basso Jubba, Medio Jubba e Gedo con capoluogo Kismayo, la terza città del paese, sede di importanti infrastrutture quali il porto e l’aeroporto.
L’accordo vuole porre fine ad un contenzioso che nei mesi scorsi ha opposto elementi fedeli al Governo, con a capo Barre Hirale, ed elementi fortemente portati all’autonomia, sostenuti dal Kenya, con a capo Ahmed Madobe. La contrapposizione è stata a tratti sanguinosa, con conflitti che hanno procurato un centinaio di morti, a volte di forte tensione internazionale, con i vertici del Governo federale somalo giunti ad invitare le truppe del Kenya, inglobate in AMISOM, a lasciare il paese trattandole quale forza di occupazione.
L’IGAD, sotto l’attuale presidenza dell’Etiopia, si è fatta carico di spegnere questo pericoloso focolaio di instabilità favorendo un accordo che appare di grande equilibrio contemperando l’autonomia della regione con la supremazia dello Stato centrale e le ambizioni personali con il bene comune. Lo stesso IGAD si è reso garante della corretta esecuzione dei patti.
L’accordo si sviluppa in appena quattro articoli, ma sono tanti i commi destinati all’applicazione di vari principi fondamentali quali: la supremazia del Governo della Repubblica di Somalia ed il rispetto della Costituzione provvisoria; il processo consultivo ed inclusivo di tutta la popolazione per la creazione della governance della Regione; porre la sconfitta di Al Shabab come obiettivo primario del Governo Federale somalo, dei partner regionali e internazionali; riconoscere il ruolo di sostegno dell’IGAD sulla base delle priorità individuate dal Governo somalo.
Nel dettaglio l’accordo prevede all’articolo uno, dopo aver affermato la necessità del pieno rispetto dell’unità, della sovranità e dell’integrità territoriale della Somalia, l’istituzione, per non più di un biennio, di un’Amministrazione Interinale del Jubba e, quindi, l’abbandono, con la denominazione di Jubbaland, della precedente struttura istituzionale per virare verso la creazione di uno Stato membro permanente del Governo Federale di Somalia. L’Amministrazione Interinale del Jiubba sarà composta da un Consiglio Direttivo e dall’Assemblea Regionale. Il Consiglio Direttivo sarà l’organo esecutivo mentre l’Assemblea Regionale sarà rappresentativa di tutti i clan con membri selezionati dagli anziani tradizionali secondo un criterio di piena inclusività. Le norme che regoleranno l’Amministrazione Interinale dovranno essere approvate dal Parlamento Federale somalo.
L’articolo due è dedicato agli aspetti economici e, principalmente, alla gestione del Porto e dell’Aeroporto di Kismayo che entro sei mesi dovranno essere consegnati al Governo Federale di Somalia per la nomina di un team di gestione nell’interesse dell’intera collettività somala. I proventi di queste infrastrutture saranno destinati prioritariamente all’erogazione dei servizi per la popolazione, al funzionamento delle istituzioni locali ed alla sicurezza.
E proprio alla sicurezza è dedicato l’articolo tre dell’accordo che prevede un interessante processo di integrazione delle milizie locali, tra cui le Brigate Ras Kamboni ed i Derwishi, nell’esercito nazionale, mentre solo la polizia locale resterà agli ordini dell’Amministrazione Interinale. Alla complessa fase di integrazione presiederà un apposito Comitato cui parteciperanno il Governo Federale, l’Amministrazione Interinale e AMISOM.
Il comma 19 dell’articolo tre, in particolare, prevede una speciale attenzione al reinserimento di quei combattenti di livello inferiore (i soldati semplici) di Al Shabab disposti ad abbandonare i combattimenti ed a tornare alla vita civile nelle loro comunità di origine: una sorta di amnistia per i giovani forzati all’arruolamento nel fondamentalismo islamico quando Al Shabab governava l’area meridionale somala.
L’articolo quattro è dedicato alla riconciliazione tra le parti. Il Governo Federale organizzerà a Mogadiscio una conferenza di riconciliazione che successivamente proseguirà i suoi lavori a Kismayo. La conferenza sarà un meccanismo volto a completare la formazione dell’Amministrazione ad interim del Jubba ed alla costruzione della pace. In particolare, a Mogadiscio, si discuterà la road map per l’istituzione del nuovo Stato Federale del Jubba.
L’Etiopia, quale presidente dell’IGAD, garantirà l’accordo raggiunto.
Se si seguirà il medesimo processo che è stato seguito per il Governo Federale centrale, gli anziani delle tre regioni interessate selezioneranno i componenti dell’Assemblea Regionale che, a sua volta, eleggerà il Consiglio Direttivo che eleggerà tra i suoi membri il suo Presidente.
Come sempre in questi casi si cercano i vincitori e gli sconfitti.
Tra i vincitori si iscrivono di diritto i rifugiati di Dadaab che, con la pacificazione del meridione somalo, potranno tornare ai loro territori di origine, come già sta accadendo. Anche Villa Somalia e il Presidente Mohamud vedono rafforzata la loro posizione con il riconoscimento della leadership nazionale sui falchi dell’autonomia ed il ruolo di garante dell’inclusività e della coesione nazionale. In proposito è da citare il tentativo fallito di Farole, Capo del Puntland, di raggiungere la sede delle trattative per sostenere l’indipendentismo del Sud di cui è stato sin qui sponsor, ma bloccato aeroporto di Addis Abeba dal Ministro degli esteri etiope e da Nicholas Kay.
Ahmed Madobe sta cercando in queste ore di autoiscriversi tra i vincitori, ma non è affatto detto che la complessità del percorso istituzionale individuato dall’accordo gli assegni la leadership della Regione. In realtà egli ha sin qui versato sangue, distrutto patrimoni e determinato un clima di violenza anche sulle donne ed i minori. La popolazione è assai divisa sulla sua persona anche se ha avuto dalla sua parte negoziatori abili tra cui, in prima linea, l’autorevole Prof. Mohamed Abdi Gandhi, già docente universitario in Francia e Ministro dei governi provvisori della Somalia.
Tra i vincitori va sopratutto iscritta l’Etiopia che, ergendosi a garante dell’accordo, ha messo all’angolo l’influenza, sin qui assai muscolare, del Kenya sull’area meridionale somala. L’Amministrazione Interinale del Jubba persegue l’autonomia, ma non l’indipendenza e non potrà stipulare quegli accordi offshore cui il Kenya aspirava.
Nicholas Kay ha ringraziato apertamente il Primo Ministro somalo Abdi Farah Shirdon per il contributo dato al raggiungimento dell’accordo ed alla sua conclusione non è forse estranea la contemporanea presenza in Uganda di Lapo Pistelli, Viceministro degli esteri italiano con delega all’Africa che ha dichiarato di aver discusso con Museveni il rafforzamento delle aree sottratte ad Al Shabab e l’aumento delle forze internazionali in Somalia. Ed infatti in questi giorni esponenti dell’ONU sono a Mogadiscio per discutere l’invio di truppe ONU affianco a quelle dell’Unione Africana.