L’annunciata canonizzazione di Giovanni XXIII senza neanche bisogno di un miracolo significa il ritorno dei grandi temi del Vaticano II. Un nuovo modello di santità
Di Francesco Peloso
Quest’articolo è apparso anche sul Secolo XIX
“Presumibilmente” Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII saranno canonizzati insieme. L’avverbio scelto da padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, è inevitabile, la data ancora non è stata decisa, ma la scelta è sicura: i due papi saranno santi lo stesso giorno, comunque entro l’anno, forse il prossimo 8 dicembre.
Quella di ieri è stata una giornata particolare per la Chiesa e per il Vaticano. Prima Francesco e Benedetto XVI hanno partecipato insieme alla benedizione della statua di San Michele Arcangelo, poco dopo nella sala stampa veniva annunciata la doppia canonizzazione di altri due pontefici; poi c’era la famosa enciclica scritta insieme da Bergoglio e Ratzinger, la Lumen fidei. Quattro papi in tutto per una Chiesa che, finalmente, si riprendeva l’attenzione mediatica del mondo e dimostrava la vitalità di una storia estremamente articolata attraverso grandi e diverse figure. Del resto per quanto Francesco non abbia nominato fino ad ora molti collaboratori e la Curia sembra in fase di dismissione, non si può dire che non sappia come fare a dare segni forti in senso pastorale e di governo, e anzi le due cose spesso s’intrecciano e si confondono.
In ogni caso, ieri, la notizia più significativa della giornata è stata l’annuncio della prossima canonizzazione di Giovanni XXIII, cioè del Papa che ha indetto il Concilio Vaticano II spingendo la Chiesa nella modernità e nel XX secolo. Ma l’altra grande novità è stata la decisione di procedere alla canonizzazione di Roncalli senza che fosse riconosciuto un secondo miracolo dopo quello necessario per la beatificazione.
Nell’anno del 50esimo anniversario del Concilio Vaticano II, Francesco ha deciso di porre la grande assise e il Papa che l’ha convocata al centro del suo pontificato con una mossa che sembra rivoluzionare anche il modello di santità. Roncalli non ha bisogno di miracolo perché la fede popolare, le scelte che ha compiuto, ne fanno una figura chiave nella storia recente della Chiesa e per questo il Papa può decidere di proclamarlo santo. Dopo le dimissioni di Ratzinger, la canonizzazione senza miracolo sembra un altro piccolo passo nella rivoluzione che sta vivendo la Chiesa negli ultimi mesi.
Fra l’altro Giovanni XXIII fu proclamato beato nel 2000 insieme a Pio IX, quasi a coprire le polemiche che accompagnavano la beatificazione dell’ultimo papa re. Ora Roncalli e Wojtyla saranno canonizzati lo stesso giorno; in tal modo Bergoglio vuole dare l’idea di una Chiesa nella quale hanno cittadinanza personalità diverse e non sono ammessi culti della personalità di nessun tipo. Ma certo con la canonizzazione decisa da Francesco sale al più alto gradino degli altari il Papa della Pacem in terris, il Pontefice che, in un frangente drammatico della guerra fredda, offrì parole di pace e di speranza all’umanità.
Ieri però sono state decise anche alcune beatificazioni importanti fra le quali spiccavano i nomi di Alvaro del Portillo, il successore di Escrivà de Balaguer alla guida dell’Opus Dei, e di Giuseppe Lazzati, grande figura del cattolicesimo sociale, internato nei campi di prigionia nazisti durante la seconda guerra mondiale e poi protagonista dell’impegno dei cattolici italiani in politica fino agli anni ’80. A promuoverne la causa di beatificazione fu, in modo decisivo, l’allora cardinale di Milano Carlo Maria Martini, anch’egli fra l’altro gesuita. Si tratta di figure molto differenti fra di loro per una Chiesa che, nelle intenzioni di Francesco, deve imparare a far convivere le sue varie identità. E’ la riscoperta di una ricchezza culturale e di sensibilità a lungo soppressa nei decenni passati.