Dallo scorso mese di maggio è in vigore in tre stati federali della Nigeria nord-orientale lo stato di emergenza per arginare gli attacchi terroristici del gruppo islamico Boko Haram. Coprifuoco durante la notte, rastrellamenti, fermi di polizia, sospetti terroristi mandati senza tanti complimenti in carcere. L’esercito governativo dispiegato sul territorio sta ricorrendo all’uso massiccio di artiglieria pesante contro i covi sospettati di essere frequentati dai radicali musulmani ed a dare man forte all’esercitoci sono anche aerei da bombardamento. Non è la prima volta che lo stato di emergenza scatta nella Nigeria del nord est a maggioranza islamica. Nel passato è successo altre volte. Le organizzazioni per i diritti civili denunciano con caparbietà le violenze commesse contro la popolazione inerme dai soldati governativi. Una assurda spirale di violenza che genera ulteriore violenza.
Lo scorso 4 luglio l’esercito ha ucciso 22 militanti di Boko Haram in uno scontro a Dogon Kuka, una cittadina vicina a Mamudo, dove sabato la follia omicida dei terroristi ha fatto 42 vittime tra studenti, professori e personale di una scuola a cui era annesso un dormitorio. Una esecuzione spietata. Gli assassini sono penetrati nel dormitorio all’alba quando ancora tutti dormivano. Sotto la minaccia delle armi, hanno radunato tutti in una stanza. Poi hanno aperto il fuoco all’impazzata e lanciato bombe a mano, prima di bruciare la struttura. Le vittime sono bruciate vive tra lo strazio e l’orrore di chi è riuscito a salvarsi. Una rappresaglia dunque per l’incursione dell’esercito. I genitori dei ragazzi denunciano che le scuole della zona non sono vigilate dai soldati. Eppure fino ad oggi Boko Haram nel solo stato diYobe (dove è avvenuto il massacro) ha già raso al suolo 209 scuole. Boko Haram in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”. E l’omonimo movimento prese vita nel 2002 ad opera di un predicatore che mise nel mirino proprio quella educazione scolastica di tipo occidentale che forma la classe dirigente nigeriana. Una educazione ritenuta inadeguata e produttrice di corruzione e miseria. Le scuole dunque sono dunque imputate di produrre nefandezze e di conseguenza restano il principale obiettivo del gruppo terroristico, insieme alla minoranza cristiana ed animista della Nigeria nord orientale.
Sicuramente la politica repressiva del governo non ha dato risultati significativi se non quello di accelerare l’adesione di giovani disoccupati al gruppo che hanno funzionato da volano per la crescita esponenziale dei terroristi. Non a caso il grande salto di Boko Haram (legato ad Al Qaeda) avvenne a partire dal 2007 quando l’esercito uccise 3 mila militanti (ma qualcuno parla addirittura di 5 mila) che si erano asserragliati in una moschea. Ci furono improvvise conversioni massa all’ideologia violenta di Boko Haram, che in poco tempo riuscì ad accreditarsi nel firmamento terroristico ricavandone mezzi ed armi. Oggi Boko Haram ha basi di addestramento e militanti in tutte le nazioni confinanti: insomma il gruppo ha salde radici. Il dialogo ancora una volta resta l’unico mezzo a disposizione per fermare una strage che ha già fatto più di 2 mila morti in 4 anni. La repressione (se non è accompagnata da un progetto politico) rischia di ritorcersi contro gli innocenti.