Terrorismo o partito confessionale e popolare? L’Unione Europea cerca oggi di fare i conti con Hezbollah. L’idea è definire terrorista il “braccio armato” del partito.
Forse tra poco, entrando nel salone delle riunioni europee, qualcuno si ricorderà di quel giorno lontano nel tempo, quando lo sconfitto segretario della Dc, Ciriaco De Mita, disse in un dibattito televisivo al vittorioso segretario della neonata Lega Nord, “Caro Bossi, non esistono soluzioni facili per problemi complessi”. Oggi infatti i ministri degli esteri dell’Unione Europea cercano il consenso, ci vuole l’unanimità, sulla proposta di definire “terrorista”, e quindi da sottoporre a sanzioni, il braccio militare di Hezbollah. E’ questa proposta con cui l’Europa ha cercato di fare i conti con il rompicapo Hezbollah, partito politico con milioni di elettori e amministratori (anche ministri), milizia armata e nucleo operativo capace di compiere attentati terroristici in tutto il mondo.
Non è facile sezionare solo il braccio militare di Hezbollah, visto che esso come i suoi nuclei terroristici nel mondo dipendono chiaramente dal segretario generale del partito, Hasan Nasrallah, che a sua volta dipende chiaramente dalla guida spirituale della rivoluzione iraniana, ayatollah Khameney. I crimini perpetrati da Hezbollah sono tanti: c’è in Europa l’attacco terroristico contro un bus di turisti israeliani, azioni per la quale l’UE ufficialmente reagisce, c’è la strage, più lontana, di Buenos Aires, sempre contro la la comunità ebraica, c’è il feroce intervento militare diretto di Hezbollah in Siria, con annessa pulizia etnica, c’è l’incriminazione di quattro suoi operativi nell’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, c’è l’occupazione militare di Beirut nel 2008, e molto altro. Ma c’è anche l’adesione “ideologica” di larga parte della comunità sciita al partito, che gestisce ospedali, strutture “caritative”, amministrazioni locali, scuole e molto altro. Ci sarebbero anche gli scandali finanziari, ai danni di questa stessa popolazione, ma questa è un’altra storia.
Insomma oggi l’Unione Europea cerca di fare i conti con una realtà difficile, quella di una creatura terrorista che dall’atto della sua fondazione si è posta il problema del consenso e che lo ha ottenuto nel nome della rivoluzione khomeinista e della sua esportazione sfruttando, o strumentalizzando, questione palestinese e dispotismo sgovernante arabo.
L’idea di separare il partito dal braccio armato è un artificio, ma i leader europei percepiscono che un partito con milioni di elettori non può essere definito “terrorista”.
Ci sono poi i problemi di “quadro”: Hezbollah gestisce il sud del LIbano, dove opera l’Unifil, Hezbollah gestisce la pulizia etnica in Siria, dove l’Europa non vuole sporcarsi le mani, Hezbollah sa come “riscaldare” i confini israelo-palestinesi, dove il pallido tentativo di pace di Kerry si affaccia proprio in queste ore.
L’intervento nella tragedia siriana, senza sanzioni europee, ha affondato il mito di Hezbollah nel mondo arabo, dimostrando a larghissimi settori di opinione pubblica che più che “forza del riscatto delle masse arabe” Hezbollah è una milizia confessionale eterodiretta dall’Iran e dal suo imperialismo “persiano”, pronta a usare le armi della “resistenza” contro popolazione civile araba. Tutto questo senza che una parola contro i carnefici di Hezbollah arrivasse da “Occidente”.
Fare i conti con il terrorismo di Hezbollah è necessario ma anche complesso, quel che sarebbe indispensabile sarebbe un piano politico che ne buchi i motivi del consenso, togliendo ad Hezbollah la maschera e affrontando i mali che strumentalizza. Questa oggi però appare una decisione lontana, e l’aiuto diretto o indiretto che viene dato alla criminale famiglia Assad e alla sua distruzione della Siria con l’aiuto di Hezbollah dimostra quanto.