BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Lampedusa. Se la politica ha le sue responsabilità i media ne hanno altrettante

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Un cimitero di barconi e vecchi pescherecci, lasciati ad arrugginire al sole sulla terra ferma, le coste siciliane e calabresi, un cimitero molto più grande quello che giace sul fondo del Mediterraneo. Francesco ha deciso che la sua prima visita pastorale doveva essere proprio là, a ridosso di quell’immenso cimitero marino. Fervono i preparativi sull’isola per accogliere il Pontefice mentre il centro di accoglienza di contrada Imbriacola continua a ricevere le centinaia di nuovi disperati che, con una cadenza quasi costante, non smettono di arrivare.

Stando alle ultime notizie sarebbero quasi 500 i migranti presenti al momento sulla più grande delle Pelagie, ma le stime sono approssimative, con il perdurare di buone condizioni meteo gli sbarchi potrebbero proseguire anche in questi giorni portando uomini, e in misura sempre maggiore, donne incinte e minori. I riflettori tornano dunque a riaccendersi su Lampedusa, per l’occasione gli occhi del mondo saranno puntati su questo fazzoletto di terra e sul suo dramma che d’estate diventa quotidiano, per poi ripiombare nuovamente nel silenzio o limitarsi a qualche lancio d’agenzia carico di numeri, come se dietro quelle cifre non ci fossero in realtà persone in carne ed ossa, storie, vite. “Con la visita del Papa a Lampedusa, che raggiungerà l’Isola per pregare per le vittime dell’immigrazione finalmente su questo dramma dovrà aprire gli occhi non solo l’Europa ma il mondo intero“ Il sindaco Giusi Nicolini, si mostra fiduciosa, la visita del Papa dovrebbe suonare come un monito di fronte ad un paese e ad un’Europa sorda e cieca e magari ci sarà modo di ricordare anche solo per un giorno, i numeri, quelli veri, dei morti sepolti in fondo al mare gli stessi che con grande dedizione ormai da anni il giornalista Gabriele Del Grande ha cercato di censire attraverso la sezione del suo blog intitolata appunto La strage. Numeri che fanno paura, pari solo ad una guerra, in cui non ci sono vincitori ma solo vinti: “Dal 1988 -scrive Del Grande- sono morte lungo le frontiere dell’Europa almeno 18.673 persone. Di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011. Il dato è aggiornato al 10 novembre 2012 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 24 anni. Il dato reale potrebbe essere molto più grande. Nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non abbiamo mai avuto notizia. Lo sanno soltanto le famiglie dei dispersi, che dal Marocco allo Sri Lanka, si chiedono da anni che fine abbiano fatto i loro figli partiti un bel giorno per l’Europa e mai più tornati.”

Numeri che dovrebbero essere “motivo di vergogna e disonore” per l’intera Europa, aveva scritto il sindaco Nicolini in una toccante lettera aperta nel novembre dello scorso anno, ma che invece continuano ad essere trattati come meri dati statistici, molte volte neanche degni di un trafiletto di giornale o di una breve al Tg delle 20, laddove fa molta più notizia il presunto allarme invasione strillato dal leghista di turno.

Numeri a fronte dei quali l’Europa non fa altro che rispondere trincerandosi dietro le sue frontiere, protetta dalle pattuglie di Frontex e dagli accordi bilaterali stretti con paesi “amici” nel tentativo di bloccare i flussi sul nascere. Prassi portata avanti anche dal Governo Letta nel corso dell’incontro tenutosi qualche giorno fa con il primo ministro libico Ali Zeidan, durante il quale, a tenere banco è stato ancora una volta il tema della sicurezza internazionale e del controllo delle frontiere per bloccare l’immigrazione clandestina e che non possono non sollevare allarmi fondati sul rischio    violazione dei diritti umani, come accaduto in passato.

E se la politica ha le sue responsabilità i media ne hanno altrettante. Al di là di un corretto uso delle parole (secondo i criteri dettati dalla Carta di Roma e mai troppo rispettati) vale la pena rimarcare la riflessione scaturita dall’ultimo rapporto di Medici senza frontiere: i media italiani (i Tg in particolare che continuano ad essere la principale fonte di informazione) peccano di eccessiva superficialità e incapacità di offrire un racconto contestualizzato delle situazioni di crisi, grandi o piccole che siano…  ed il fenomeno migratorio ne fa ampiamente le spese.

Molto difficilmente il racconto dell’immigrazione va oltre l’immediato: lo sbarco, la rivolta dentro un Cie, l’episodio di piccola criminalità che vede coinvolto il singolo migrante… raramente i mezzi di informazione hanno la capacità di offrire, anche attraverso momenti di approfondimento dedicati, una visione a 360° che, partendo dal contesto e dalle motivazioni che spingono un essere umano a  lasciare il proprio paese, magari a rischio della propria vita in mezzo al mare, lo portano fino alle nostre coste per poi magari gettarlo in mano alla catena dello sfruttamento e del malaffare. Eppure, alla luce dei dati e dei cambiamenti sociali fotografati ogni anno dai vari rapporti nazionali ( Istat, Caritas Migrantes), un racconto del genere non solo risulta essere necessario, ma ormai improcrastinabile.


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