Pubblichiamo con piacere l’articolo (e il bel reportage fotografico) scritto per Articolo21 da Matthias Canapini, freelance di 21 ann. Matthias ci racconta, soprattutto attraverso le sue belle foto il suo viaggio nei Balcani per una serie di reportages (linee ferroviarie albanesi, inquinamento ad Elbasan, operai a Salonicco, proteste Turchia e Bulgaria, adozioni in Kosovo)
Credo che un viaggio alla ricerca della libertà assoluta è e rimarrà sempre un’utopia. Non basta prendere una nave, zaino in spalla ed andare…per essere liberi. Credo che ormai una delle poche libertà che ci sono concesse all’interno di questa società (soffocata sempre più da schematismi) sia quella di essere sé stessi. Prendere coscienza di ciò che realmente ci circonda, poi pretendere il diritto di andare oltre l’apparenza. Ciò che ho fatto in questo mese, l’ho fatto per amore del viaggio si, ma soprattutto per mostrare ad altre persone cosa si può nascondere dietro ai trafiletti televisivi letti distrattamente tra un boccone e l’altro. Incontrare, capire e poi documentare un’umanità che si perde nello scorrere della quotidianità … schiacciata spesso dall’indifferenza e dalla disinformazione di massa. Credo che dobbiamo cambiare modo di pensare, avere un punto di vista proprio. Non è cosi semplice come si pensa. Avere un’opinione tua, in cui realmente ti riconosci quando in ogni momento veniamo bombardati da pubblicità, pensieri, consigli, atteggiamenti e idee altrui. Il diritto di essere informati. Sapere quanti immigrati sbarcano sulle coste di Lampedusa o quanti bambini muoiono sotto le bombe a Damasco. Dobbiamo crederci, per noi ma anche per rispetto di tutte quelle persone che soffrono ogni giorno. Capisco che non è semplice andare direttamente sul campo e documentare, ma dobbiamo sforzarci di capire, essere curiosi, seguendo le notizie tramite canali alternativi e ascoltando storie! Poi tra le tante cose, mi chiedo…perché se i diritti umani, la vita di bambini e innocenti viene calpestata dalle logiche malate del mercato, noi che abbiamo maggior stabilità rimaniamo a guardare? Da dove viene la nostra voglia di essere felici quando il mondo va a rotoli? Sono partito per questi motivi, ma infondo anche per tanti altri. Ma credo che il succo del discorso sia questo: la curiosità. Mettermi in cammino per toccare di mano le storie … ed esserci insomma, li dove l’attualità è in corso. Raccontare storie che su radio o tv non si sentiranno mai. Per lo stesso motivo durante il viaggio ho preferito dormire con gli zingari nei parchi di Tirana, o coi barboni tossicodipendenti nei treni di Belgrado. Certo, non mi ci sono potuto relazionare a pieno per via della lingua, ma almeno ho potuto osservare. Vedere cosa vuol dire svegliarsi al mattino e non avere niente, se non una misera coperta per ripararsi dal freddo. Vedere cosa vuol dire essere discriminati e cercare vie d’uscita nell’alcool, nelle droghe o in fanatici culti religiosi. Un viaggio per scoprire tutto ciò, per poi accorgersi di essere entrati in relazione con una parte nuova di sé stessi.
Ho intrapreso questo viaggio con l’intento primario di coprire le proteste in Turchia, ma viaggiando le cose si sono susseguite in maniera cosi appropriata da risultare quasi già scritte. Cosi ho attraversato l’Albania su vecchi treni fatiscenti, e incontrato comunità rom che ogni giorno tentano di sopravvivere tra mucchi di rifiuti e case in lamiera. Sempre in Albania ho documentato le elezioni amministrative, le quali hanno visto vincitore Edi Rama, esponente del partito socialista. Ho continuato verso Salonicco, città industriale a nord della Grecia, per incontrare gli operai della fabbrica occupata Vio.me. Proseguito per Istanbul, Ankara, e poi Pristina e ancora verso Sophia, per poi concludere il viaggio a Belgrado e Srebrenica. Se ripenso a questo mese passato nei Balcani mi considero molto fortunato … per aver documentato cosi tante tematiche ma ancor di più per aver incontrato bellissime persone. Studenti, operai, bambini, donne che davvero mi hanno aperto i loro cuori, mi hanno regalato sorrisi, strette di mano, auguri e mi hanno fatto conoscere le loro storie. Le sensazioni provate fatico a descriverle … sono sempre più convinto che esiste ancora un’ umanità davvero forte, in grado di relazionarsi malgrado i vincoli che le culture, le religioni e le tradizioni impongono. Le difficoltà ci sono state. Non gravi, ma pur sempre sufficienti a farmi pensare. La situazione più difficile forse è accaduta ad Ankara, quando sono stato fermato dalla polizia perché mi trovavo nei pressi di una manifestazione. Controllo del passaporto e richiesta di cancellare le foto scattate, pena: l’arresto. Non so ancora se dicevano sul serio, ma sicuramente un fatto del genere, se fosse accaduto, avrebbe sicuramente compromesso l’esito del viaggio e soprattutto il lavoro che ero andato a fare.
La tecnologia ha accelerato drasticamente l’informazione. Tutto si muove virtualmente e la tv ha quasi soppiantato la figura del reporter. Tutti noi andiamo sempre più di fretta, inseguendo ritmi imposti da una società globalizzata in perenne crescita. Sembra non esserci nemmeno più il tempo per fermarsi, pensare e leggere. L’informazione è ormai quella cosa futile che passa tra una visita dal dottore e una cena dai parenti. Allo stesso tempo credo però che ci sarà sempre spazio per ascoltare storie. Storie semplici e autentiche. Magari non occuperanno mai la prima pagina dei settimanali, ma sicuramente troveranno sempre spazio nella coscienza di chi è più sensibile. Il coraggio di andare sul posto, documentare le problematiche attuali, non per prenderne parte ma solo per raccontare la verità dei fatti è da considerare per me uno dei più grandi ideali che muovono il mondo. L’importanza della fotografia sta nel fatto che l’immagine conferma ciò che sta succedendo, per questo sono convinto che per quanto saturo, il panorama del fotogiornalismo indipendente non morirà mai del tutto. Per quando riguarda la mia avventura, non mi inventerò a riguardo un finale poetico o spensierato. Spero solo che questi racconti possano far riflettere quante più persone possibili sulle contraddizioni, le difficoltà quotidiane ed i problemi che caratterizzano un’area particolare come i Balcani, ma infondo anche il mondo intero.
Allora, il viaggio è iniziato il 18 giugno e sono tornato il 18 luglio. Il reportage sui trasporti Montenegro-Albania l’ho scritto il 21 giugno,la foto mostra un ragazzo che porta patate in città col carretto di legno. Il pezzo sulle elezioni l’ho scritto il 23 giugno, la foto mostra i manifesti elettorali strappati dagli oppositori. Il pezzo sui rom l’ho scritto il 25,mostra un bambino rom all’interno del quartiere “ponte di buna”. Il pezzo sui treni l’ho scritto a cavallo tra il 26 ed il 28 giugno,la foto mostra il finestrino del treno bucato dai proiettili. Il pezzo sulla fabbrica in Grecia l’ho scritto il 30 giugno,la foto mostra uno striscione posto all’entrata della fabbrica,con su scritto un motto degli operai. Il pezzo sulla Turchia l’ho scritto il 3 luglio,la foto mostra un manifestante che crea un cordone per isolare la polizia. Il pezzo sul Kosovo l’ho scritto il 5 luglio, la foto mostra una bambina della struttura “pan di zucchero”. Il pezzo sulla Bulgaria l’ho scritto l’8 luglio, la foto mostra una bambina che manifesta e segue il corteo. L’ultimo pezzo su Belgrado-Srebrenica l’ho scritto il 12,la foto mostra un membro della donne in nero davanti il memoriale con su scritto i nomi delle vittime del genocidio.