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La crisi dell’editoria che incomincia a mordere anche le fortezze dei periodici locali

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ARTICOLO21 (CIRCOLO DI TORINO) – “Corriamo seriamente il rischio di desertificazione dell’informazione locale”: cosi Giovanni Legnini, sottosegretario all’editoria ha confermato i timori di una platea di giornalisti ed editori di periodici e tv piemontesi  l’altra sera al Circolo della Stampa di Torino. Convocati  all’incontro dal gruppo parlamentare PD di Camera e Senato, che ha schierato ben 6 deputati e senatori, più due freschi ex, esperti del settore, come Fabrizio Morri chairman della serata e Giorgio Merlo, si sono presentati in molti, dai vertici del sindacato e dell’Ordine Subalpino a molti free-lance, disoccupati o perennemente precari.

Sul tavolo la crisi che incomincia a mordere anche le fortezze dei periodici locali (70 testate che vedono cedere per la prima volta da anni quote significative di pubblicità, anche se in misura minore dei quotidiani)  che diffondono settimanalmente quasi 500 mila copie con più di 1400 addetti, tra giornalisti contrattualizzati, collaboratori (moltissimi) e amministrativi. Accanto a questi altre 1500 persone, senza ammortizzatori sociali, che lavorano, non si sa fino a quando nelle radio e nelle televisioni locali, colpite e quasi affondate dal passaggio al digitale.
Una Spoon River, su cui aleggiava sinistro il cupo presagio del futuro de La Stampa, ridotta a piccolo giornale “regionale” dalle scelte dell’editore di puntare risorse ingenti su RCS, evocato dall’appassionata denuncia di Mario Berardi, colonna del giornalismo subalpino di qualche anno fa, sul troppo silenzio complice del disimpegno della Fiat da Torino: “ Se continua così non sarà più possibile fare il giornalista a Torino – ha pronosticato l’ex Presidente dell’Ordine piemontese – e la direzione de La Stampa non può essere usata come taxi per arrivare ad altre, più ambite poltrone direttoriali a Milano”.

Legnini ha aggiunto del suo al già nutrito cahier de doleance che gli intervenuti avevano provveduto ad apparecchiare: i fondi per l’editoria, scesi dal 2005 ad oggi da 700 a 160 milioni (“altro che spending review”), la raccolta pubblicitaria, calata nello stesso periodo del 50%, i morti e feriti che lascia il passaggio al digitale e la integrazione multimediale, dolorosa, ma necessaria.

In compenso ha voluto rimarcare la totale contrarietà all’ipotesi grillina di totale azzeramento dei fondi per l’editoria (l’Italia rischia di essere l’unico Paese europeo senza alcun sostegno al pluralismo informativo), la necessità di conservare per giornali e libri l’aliquota agevolata dell’Iva, l’urgenza di affrontare il nodo del rapporto tra giornali e Google sull’utilizzo delle notizie e sui diritti d’autore (all’inizio non ci volevano credere: “ ma davvero volete affrontare questo tema? Stiamo calendarizzando i primi incontri…”).
La serata è finita come era cominciata, tra la silenziosa diffidenza e l’ottimismo della volontà (bisogna innovare, investire su internet).  Caratteristiche piemontesi che si rifiutano per definizione di vedere il bicchiere mezzo vuoto. Staremo a vedere. Circondati dalla indifferenza sempre più globalizzata di lettori e società.


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