Trayvon Martin, un ragazzo afromaericano di 17 anni, la sera del 26 Febbraio del 2012 camminava per Sanford (Florida) con il cappuccio in testa e le mani nelle tasche. George Zimmerman, un vigilante ventottenne autoproclamatosi guardia del quartiere, vedendolo pensò che quel ragazzino fosse un personaggio equivoco, d’altra parte gli stereotipi del “tipo sospetto” c’erano tutti: nero con il cappuccio in testa, mani dentro le tasche per nascondere chissà cosa. Zimmerman decise così d’inseguire Trayvon, che in quel momento si trovava con un’amica al telefono, intimandolo di fermarsi. Trayvon aveva paura, l’amica al telefono gli consigliò di scappare. Zimmerman riuscì a raggiungerlo, fra di loro cominciò una colluttazione udita dall’amica di Trayvon che fece in tempo a sentire i primi scontri, poi cadde la linea, prima dello sparo. Quando arrivano i soccorsi Trayvon era già morto. Zimmerman venne trovato armato della sua pistola, nelle tasche del ragazzo steso a terra vennero ritrovati solo un pacchetto di caramelle e una lattina di the alla pesca.
Negli Stato Uniti, per legge, se ti senti minacciato puoi sparare e benché le guardie di quartiere non possiedono gli stessi poteri della polizia e non possono portare con sé armi, George Zimmerman non viene incriminato per omicidio. La storia di Trayvon Martin cominciò a girare, molti si chiedevano come fosse possibile che un episodio del genere potesse capitare in un paese dove il Presidente è un afroamericano al suo secondo mandato. In pochi giorni vennero raccolte centinaia di migliaia di firme per far riaprire il caso, sulla questione si pronunciò anche Barak Obama che disse che se avesse avuto un figlio sarebbe stato come Trayvon. Fra le tante iniziative il 21 Marzo 2012 migliaia di persone si radunarono a New York in sostegno alla famiglia Martin per la “Million Hoddie March” (marcia del milione d’incappucciati). Le indagini riguardo questo crimine furono piuttosto blande, la polizia di Sanford non si “accorse”che George Zimmerman aveva avuto dei precedenti penali per violenza. La pressione dell’opinione pubblica fu imponente, nell’aprile 2012 la procuratrice Angela Corey riuscì a far riaprire il caso.
Ieri la sentenza: la giuria composta da sei donne (tutte bianche tranne una) ha assolto George Zimmerman riconoscendogli di aver agito per legittima difesa. Fuori dall’aula del tribunale molte persone hanno manifestato il loro dissenso, in queste ore la protesta si è allargata in tutto il paese, sui social network in migliaia stanno esprimendo la loro indignazione (fra gli hastag:#TrayvonMartin, #JusticeTrayvonMartin), molti invitano a boicottare la Florida (#BoycottFLORIDA).
La famiglia Martin ha chiesto che non siano compiute azioni violente. Le tante voci dei manifestanti chiedono che non prevalga l’ingiustizia, per Trayvon e per tutte le persone che vogliono vivere in pace.