La proposta era arrivata a gennaio, suscitando l’indignazione di gran parte della comunità internazionale e delle associazioni per la tutela dei diritti civili, ma da ieri è diventata legge, con l’approvazione di Vladimir Putin, zar dei tempi moderni. In Russia la propaganda omosessuale sarà vietata e punita con multe che potrebbero arrivare fino ai 23.000 euro. Che cosa davvero sia questa propaganda è ancora poco chiaro. La norma allude solo alle “relazioni sessuali non tradizionali”( definizione fumosa che permette un’applicazione arbitraria) ed era già entrata in vigore a San Pietroburgo nel marzo 2012, firmata proprio dallo stesso Putin, insieme al governatore Poltavchenko e da altri ex ufficiali del KGB. Da allora nella città degli Zar è vietato ogni messaggio, libro, organizzazione o evento che si riferisca all’omosessualità e che possa “instillare ai minori la falsa percezione che relazioni tradizionali e non tradizionali siano socialmente equivalenti. Le azioni pubbliche tese a promuovere la sodomia, il lesbismo, la bisessualità, la transessualità tra i minori comportano una sanzione amministrativa che va dai 5.000 ai 500.000 rubli “( quindi circa dai 120 ai 12.000 euro ndr).
La giustificazione di una simile repressione è la volontà di “tutelare i minori, che non devono avere idee distorte della famiglia e devono poter scegliere liberamente il loro orientamento sessuale, senza essere influenzati”. Così sulla Russia delle grandi sfide internazionali, dalla crisi alla riduzione degli arsenali nucleari, piomba una legge che riporta direttamente al 1933, in pieno stalinismo. Solo in quegli anni, non certo luminosi, l’omosessualità veniva punita con la prigione. Ma questo balzo all’indietro dei diritti civili non sembra crucciare i russi, che vivono ancora all’ombra dei pregiudizi. Il 38% di loro è convinto che i gay avrebbero bisogno di cure mediche e un altro 13% vorrebbe che l’omosessualità fosse perseguita dalla legge e l’85% della popolazione è contraria ai matrimoni gay.
Dati che, purtroppo, non fanno a pugni con la retorica machista che Vladimir Putin promuove da anni, non senza orgoglio.