Dopo che la Somalia, all’inizio di questo mese, ha chiesto al Kenya di lasciare il territorio somalo per aver sostenuto la fazione di Ahmed Madobe in lotta contro il filogovernativo Barre Hirale per il controllo di Kismayo e di tutta la regione meridionale del Jubaland, tradendo così il mandato dell’ONU come forza di interposizione neutrale per la stabilizzazione della Somalia, la risposta del Kenya non si è fatta attendere. “Non lasceremo il territorio somalo – ha detto Zaddock Syong’oh, consulente politico del Ministero degli esteri del Kenya – prima che la Somalia sia stabilizzata”.
La palese contraddittorietà della risposta non sembra impressionare il governo keniota e manifesta la ferma volontà di mantenere senza limiti l’occupazione della Somalia iniziata ad ottobre 2011.
Le truppe keniote entrarono in Somalia per combattere e arginare Al Shabaab ormai strettamente legata ad Al Qaeda e responsabile di rapimenti di stranieri e dell’omicidio di un turista. L’intento dichiarato era quello di proteggere il turismo del Kenya quale seconda fonte di ricchezza del paese.
L’ONU benedì quell’operazione estendendole l’etichetta dell’Amisom, aggiungendo cioè le truppe del Kenya a quelle messe a disposizione da Burundi e Uganda per la pacificazione della Somalia. Con tale estensione, però, l’ONU ha permesso la violazione dell’accordo di Gibuti che escludeva dalle truppe di interposizione quelle dei paesi confinanti, come l’Etiopia e, appunto, il Kenya, con i quali, peraltro, in un non lontano passato ci sono state guerre sanguinose con la Somalia.
I frutti di quell’errore si fanno sentire oggi.
Il Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud ha chiesto la sostituzione delle forze del Kenya invocando l’arrivo di truppe veramente neutrali. Il Kenya ha risposto che la sicurezza del confine con la Somalia è un argomento intrattabile perché riguarda la sicurezza nazionale del Kenya. E il consulente Syong’oh ha aggiunto che la permanenza delle truppe in Somalia costa risorse enormi spese al Kenya per favorire la stabilità dell’area.
Ma che si tratti di soldi tutti provenienti dal Kenya è oggetto di dubbio. In un rapporto annuale del Gruppo di monitoraggio dell’ONU per Somalia ed Eritrea, visto in anteprima da Reuters, il Kenya è accusato di violare il divieto dell’ONU di esportazione, attraverso il porto di Kismayo, del carbone ricavato dalla deforestazione del Jubaland così come prima faceva Al Shabaab.
Per il momento, sull’incandescente contrapposizione fra Kenya e Somalia di questi giorni, non si hanno notizie di reazioni da Nicholas Key, inviato speciale di Ban Ki-moon per la Somalia mentre sia all’interno della Somalia che presso la diaspora all’estero, diverse manifestazioni chiedono il ritiro del Kenya.
Solo l’ONU e la comunità internazionale possono intervenire per disinnescare questa ennesima miccia accesa.
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