Il Papa che vuole rinnovare la Curia cerca alleati e li trova negli ordini e nelle organizzazioni più forti. Un nuovo asse a sostegno del cambiamento, Sant’Ignazio e Escrivà.
Di Francesco Peloso
Quest’articolo è apparso anche sul Secolo XIX del 9 luglio
L’ultimo monito del Papa in favore del rinnovamento delle strutture “caduche” della Chiesa, è apparso come una definitiva frecciata diretta a quella Curia romana refrattaria ai cambiamenti, figuriamoci alle rivoluzioni. All’interno delle mura leonine monta il malcontento verso l’azione del Pontefice e dai sacri palazzi filtrano voci di insofferenza verso un Papa che ha messo in discussione l’immutabile statu quo. La vicenda dello Ior con il suo corollario di indagini giudiziarie da parte della Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone e di dimissioni, quelle di direttore e vicedirettore dell’istituto – Paolo Cipiriani e Massimo Tulli – ha rappresentato il punto di non ritorno. Il cambiamento, orami è evidente, produrrà dei traumi e non sarà indolore. Per questo si avvicina anche il tempo della scelta del Segretario di stato e del ministro degli esteri. Ma il Papa, per quanto abbia dimostrato di saper giocare la partita del consenso e della comunicazione, ha bisogno anche di alleati.
In primo luogo può contare sui gesuiti, l’ordine dal quale proviene. Il Superiore generale padre, Adolfo Nicolàs, fina dalle prime settimane di pontificato ha scritto per due volte a tutta la Compagnia chiedendo il pieno sostegno a Bergoglio. Ci furono dissidi e incomprensioni in passato che vanno superate disse chiaramente Nicolàs, ora c’è il nostro Papa. E la Compagnia, bisogna dire, si è adeguata, anche perché un vescovo di Roma gesuita non era mai capitato prima. Si tenga presente che anche il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, è un gesuita (sotto il suo controllo è anche la Radio Vaticana). In questo senso si è mossa pure fin da subito ‘Civiltà cattolica’, la storica rivista dei gesuiti italiani oggi diretta da padre Antonio Spadaro. Ma accanto alla Compagnia di Gesù – ancora l’ordine più consistente della Chiesa – spunta un’altra potenza della Chiesa: l’Opus Dei.
Francesco aveva rapporti con “la obra” già a Buenos Aires, ma nelle ultime settimane i segnali di avvicinamento si sono moltiplicati. Lo scorso 10 giugno il Papa ha incontrato l’attuale prelato dell’Opus, Javier Echevarria, un modo per manifestare attenzione e ascolto. Ma accanto a ciò c’è una nomina pesante: quella del coordinatore della neonata commissione sullo Ior, l’organismo creato ad hoc e in tutta urgenza per riorganizzare l’istituto. Si tratta di monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio dei testi legislativi, che avrà poi il compito di sintetizzare le proposte di riforma dello Ior per il Papa. Infine Francesco ha dato il via libera alla prossima beatificazione di Alvaro del Portillo, secondo prelato dell’Opus Dei dopo Escrivà de Balaguer e uno dei suoi più stretti collaboratori. Si tenga presente che per molto tempo gesuiti e Opus Dei si sono dati dura battaglia nella Chiesa.
Se poi è vero che un salesiano sta per lasciare il ruolo di Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, altri due rappresentanti della congregazione di don Bosco hanno occupato posti di rilievo: il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga guida gli otto cardinali incaricati di riformare la Curia, il porporato Raffaele Farina presiede sempre la commissione sullo Ior. Insomma Bergoglio bada anche agli equilibri interni. Ma in generale ordini e congregazioni religiose sono un riferimento cui inevitabilmente il Papa gesuita attinge. Francescano è il cardinale brasiliano Claudio Hummes suo grande elettore, e francescano ancora il nuovo Segretario della Congregazione per la vita religiosa, José Carballo nominato da Bergoglio. E poi prefetto dello stesso dicastero è il porporato brasiliano Joao Braz de Aviz, focolarino, altro movimento religioso che si sta dando molto da fare per aiutare il Pontefice.