“Perdono per noi che, resi ciechi dall’egoismo, ripiegati sui nostri interessi e prigionieri delle nostre paure, siamo distratti nei confronti delle necessità e delle sofferenze dei fratelli”.
La preghiera di Francesco a Lampedusa. Questa Papa, che davvero ispirato dal Vangelo sa parlare – come fece Gesù – agli uomini del suo tempo, di ogni credo o anche atei, dei fatti della loro vita, che scorre a volte senza una meta. “Tanti di noi mi includo anch’io, – ha ammesso Francesco, giunto sull’isola simbolo del dramma degli immigrati clandestini – siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge – ha detto il Papa – a tragedie come quella a cui abbiamo assistito”.
Quante di queste tragedie noi giornalisti ne abbiamo scritte sui giornali, raccontate in Tv o alla Radio, postate su Internet, commentate con editoriali e note pietistiche o allarmistiche, o valutate da fronti opposti, chi a favore e chi contrario a farli sbarcare sulle nostre coste, E poi? E poi nulla! Chi muore, chi approda, chi è respinto…..numeri non persone da archiviare e da aggiornare anno per anno nelle statistiche dei flussi migratori.
“Quei nostri fratelli e sorelle – ha ricordato Francesco a Lampedusa – cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà!” “Quanto hanno sofferto! E alcuni non sono riusciti ad arrivare!” Ma “chi è il responsabile – si è chiesto il Papa – del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno!” Infatti –ha aggiunto – “tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”. “Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo” “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, – ha osservato Francesco – ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!” Ed ancora si è chiesto il Papa “Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del ‘patire con’: la globalizzazione dell’indifferenza! ci ha tolto la capacità di piangere!” “Piangere sulla nostra indifferenza”, “piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo”.
Questo il messaggio di Francesco per tutti a Lampedusa: seminare – come ha detto ieri all’Angelus – vita, salute, conforto alla periferie del mondo. “Che bello è questo – ha esclamato, non vivere per se stesso non vivere per se stessa, ma vivere per andare a fare del bene”.
Un messaggio anche per noi giornalisti, che tanta responsabilità abbiamo nella presentazione dei fatti del mondo, nel forgiare le pubbliche opinioni, nel vigilare su poteri politici ed economici, nel rivelare i misfatti, oltre la globalizzazione della notizia che ‘tira’ sulle home page dei siti internet, oltre il narcisismo dei social che ci chiudono in anguste bolle d’aria e dei twitter più clickati, sovente misura di vuoto esistenziale e pochezza intellettuale, specie da parte di chi ha la responsabilità delle sorti del mondo e ‘gioca’ con la vita delle persone e dei popoli, oltre la schiavitù dei sensazionalismi senza costrutto e gli asservimenti carrieristici ogni giorno dietro l’angolo.