Quella di domenica 30 giugno poteva sembrare la scena di un film di mafia anni ’50 invece era tutto vero. I quattro agnelli uccisi e la testa di uno degli animali lasciata davanti all’ingresso del casale di Emanuele Feltri è stata l’ennesima intimidazione messa in atto dalla mafia siciliana contro il giovane allevatore. Non sono bastati i furti, l’intero impianto idrico distrutto e l’agrumeto incendiato, questa volta i malavitosi hanno voluto spaventare Emanuele come mai prima di allora. Proprio come in una pellicola cinematografica assistiamo al ripetersi del solito copione: un ragazzo investe il suo denaro per mandare avanti un’attività agricola, ma scopre che quella valle dove lui vive e lavora è deturpata per mezzo della criminalità organizzata. Il trentenne non esita a frenare quanto sta accadendo cercando di ribellarsi in tutti i modi: espone cartelli, posiziona sbarre, prova qualsiasi cosa per fermare coloro che ripetutamente raggiungono la valle per versare rifiuti tossici, tuttavia, a ogni gesto di ribellione Emanuele ne subisce uno di intimidazione. Per sapere il finale di una storia con dettagli di agrodolce bisogna alzarsi dalla poltrona e correre in aiuto al coraggioso imprenditore. “Questa però” ammonisce Emanuele Feltri sulla sua pagina face book “è una battaglia reale, non virtuale e per vincerla dobbiamo riuscire innanzitutto a credere che sia possibile farlo!”.
Se grazie ai social network il giovane perito-agrario è riuscito ad accendere i riflettori su una vicenda fino ad allora combattuta nel silenzio, è arrivato ora il momento di condividere concretamente la battaglia perché lui che non intende essere definito un eroe vuole solo coltivare una terra che ama, descrivere la bellezza della natura alle scolaresche che ospita nella sua azienda agricola, offrire un turismo rurale, organizzare corsi di permacultura e creare una rete di piccoli imprenditori in grado di produrre in modo biologico e sostenibile e vendere direttamente i propri prodotti. Un sogno? No! Un progetto ambizioso che è iniziato tre anni fa quando Emanuele ha venduto la sua casa per ristrutturare un antico casale abbandonato.
Se fino a qualche tempo fa la mafia locale trasportava indisturbata ingenti quantità di scarti pericolosi in uno dei luoghi più belli dell’isola, tanto da essere censito fra le discariche abusive della provincia di Catania, oggi la Valle del Simeto, in contrada Sciddicuni, a Paternò, è diventata lo scenario di una battaglia senza precedenti.
I volontari del coordinamento provinciale di Libera insieme a don Ciotti hanno dimostrato tutto il loro sostegno nei confronti di Emanuele Feltri che sta ricevendo aiuto anche da parte di Legambiente, infatti, l’associazione oltre a monitorare costantemente l’oasi ha conferito al bio-pastore il premio “Ambiente e Legalità” per la sua attività di imprenditore che ha scelto di resistere contro ogni forma di violenza e intimidazione criminale. Importante anche la risposta delle istituzioni politiche come il supporto del sindaco Mauro Mangano e del sottosegretario alla giustizia, Giuseppe Berretta, che è andato di persona a Paternò promettendo maggiori controlli e una presenza tangibile delle forze dell’ordine. Significativa è l’interrogazione parlamentare proposta da alcuni deputati del Pd al vicepremier Angelino Alfano affinchè si possa fare luce sulla vicenda.
Toccante, infine, il raduno di oltre 500 giovani giunti domenica pomeriggio nella valle del Simeto e provenienti da tutto il territorio limitrofo. Dimostrazione del fatto che Emanuele non è solo!