“E la signora Shalabayeva con la figlia? Che chiedano scusa e non se ne parla più.” Ci vuole Altan per dire la verità: le due vittime di un abuso di stato, sembrano loro le sole colpevoli. Responsabili di aver turbato la nostra quiete. Perché, maledette, sono venute proprio a Roma? Perché poi Alma si sarà mai sposata con quel pazzo oppositore di Nazarbayev? E come si è permessa di scrivere un memoriale sulla sua detenzione illegale in Italia e sulla deportazione in Kazakistan? Ieri il Senato ha votato, con qualche astenuto leghista, la solidarietà a Cecile Kyenge, offesa da Calderoli. La stessa solidarietà avrebbe dovuta votarla alla piccola Alua e alla sua mamma. Invece, stamani, il Senato si limiterà a respingere la mozione di sfiducia contro il ministro Alfano. In mancanza di uno straccio di documento alternativo, sarà come approvare l’intervento di Alfano, far propria la tesi che le due donne sarebbero state deportate per un errore, che il blitz per catturare il marito, preteso dall’ambasciatore kazako e autorizzato dal Viminale, non c’entri nulla con il seguito, con l’arresto e l’espulsione. Scrive Fiorenza Sarzanini, sul Corriere: “L’ambasciatore pretese la seconda irruzione, ordinarono il blitz ai poliziotti dall’ufficio del capo di gabinetto di Alfano”. Lo dice il prefetto Valeri che ha rifiutato di rassegnare dimissioni.
“Non fate cadere il Governo! Napolitano avverte i partiti”, Corriere della Sera. “Re Giorgio dà gli ordini a Parlamento, Pd e Stampa”, Il Fatto Quotidiano. “Napolitano: avanti con Letta”, La Stampa. E’ un signore che ha onorato l’Italia, Giorgio Napolitano. A giusto titolo può rivendicare il retaggio del Partito Comunista Italiano, nonostante non abbia mai contato troppo in quel gruppo dirigente. Ha 88 anni, non ha certo brigato un secondo mandato da Presidente: sono stati Berlusconi,Monti e soprattutto Bersani a pregarlo di accettare. Ed è stato l’errore più grosso. Qualcuno, anzi solo uno, se la memoria non m’inganna, votò contro. É stato l’errore più grosso perché Napolitano propone, oggi, al paese la più sbagliata delle medicine. Pretende di far apparire quello che non è e non può essere. Che Berlusconi sia sia trasformato in uno statista disinteressato, che il Pd possa continuare a ignorare la voce degli elettori che aveva, che si possa rimborsare, aiutare la proprietà e al tempo stesso investire nel lavoro, che abbia ancora senso definirsi europeisti senza alzare la voce conto l’Europa degli egoismi e del rigore a tutti i costi. La contraddizione non lo consente. Si sarebbe detto un tempo. Ma è proprio questo il punto: lo Stato, se preferite le Istituzioni Repubblicane, appaiono a Re Giorgio come un approdo ultimo. Un risultato della Storia e quindi una sorta di uscita dalla storia. Da giovane, forse pensava al Comunismo di Stalin negli stessi termini. Ora pensa, il nostro Presidente, che le istituzioni possano sempre fare il miracolo, che possano cambiare con il vestito anche il monaco e rinverdire quello che ormai è secco. Non è così. La cupola che il Presidente cala a protezione del governo Letta, che racchiude quella più piccola a protezione di Alfano, rende le nostre istituzioni più esposte, giustifica sfiducia, alimenta populismi, distrugge la sinistra italiana , che resta la sola possibilità, l’unico varco che consenta un ricambio d’aria. Dopo la mummificazione di Berlusconi nei suoi ludi di Arcore e il Paese che correva e corre verso la rovina. Ci vuole aria nuova, signor Presidente. Con tutto il rispetto.
Il Sole24Ore, delle tante cose dette ieri da Napolitano, ne cita una: “contraccolpi irrecuperabili sui mercati se cade il Governo Letta”. Risponde, su La Stampa, Gian Enrico Rusconi: “i mercati magari saranno contenti se il governo Letta va avanti, ma il prestigio italiano e la sua credibilità scenderanno ancora più in basso”. Perché, avverte, “la credibilità dipende dalla dignità politica”. E la dignità si conquista con la trasparenza e -dico io- con un rapporto sentimentale con i cittadini, non si salva promettendo che tra un paio d’anni avremo pronto un bel progetto di riforme e che intanto possiamo solo distribuire i pochi spiccioli rimasti nelle casse.
Repubblica: “Il Pd salva Alfano e il Governo”. Il Giornale: “Renzi si mette a cuccia”.
Sono in congedo – così si dice – dal Senato, non avendo potuto rinviare ancora un impegno familiare. Dunque non ho preso parte all’assemblea del gruppo in cui il Pd ha deciso, con 80 sì e 7 astensioni, di respingere la sfiducia ad Alfano. Né sarò in aula al momento del voto. Dico però che se qualcuno dei “dissidenti” dovesse essere espulso (come teme Civati) o discriminato o punito dalla burocrazia di partito, condividerei volentieri la sua sorte. E aggiungo che non mi sento affatto un “irresponsabile”. Irresponsabile è la politica del rinvio, del non sapevo, è scaricare le colpe sugli apparati di polizia che d’ora in poi non si fideranno più del ministro dell’interno né del governo. Come dice Renzi: “il governo si logora da sé”. Massimo Franco lo accusa (Renzi) di aver sottovalutato la “rete protettiva che Napolitano ha steso sul Letta”. Io, con D’Alema, direi al sindaco di Firenze di non preoccuparsi troppo. I fatti sono testardi, la politica ha le sue leggi e non c’è rete che tenga.
Già la politica. Ieri Franceschini se l’è presa con “quelli che fanno le anime belle, mentre gli altri, che ci mettono la faccia (accanto a quella di Alfano) sono i cattivi”. Parlo per me. Non mi sento un’anima bella, piuttosto mi definirei un politico realista. Se ho consigliato a Letta di chiedere scusa per quanto è successo ad Alma e Alua, all’opinione pubblica, ai funzionari di pulizia su cui Alfano ha cercato di scaricare tutte le colpe. Se gli ho chiesto di annunciare che si fara subito la legge elettorale, qualche provvedimento per il lavoro e poi pronti a votare, già in primavera. É perché solo così il premier avrebbe potuto mettere al riparo il suo governo dalle continue imboscate, che verranno e lo spingeranno sempre più giù verso il precipizio. Dixi et servavi animam meam