37 morti e più di mille feriti.
Piazze di nuovo infiammate in Egitto

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Piazze di nuovo infiammate in Egitto. Il venerdì di preghiera si è trasformato nello sfogo di decine di migliaia di persone che hanno riempito le piazze di diverse città egiziane come Alessandria, Beheira, Minya, Giza e altri centri nel sud del Paese. Gli islamici sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi, i Fratelli Musulmani, hanno chiamato a raccolta una folla impressionante, guidata dalle parole dei leader del partito. Il bilancio è per ora di almeno 37  morti e più di mille feriti.

Conoscendo l’Egitto basta poco  per capire che la svolta era solo “teorica”. Passeggiando qualche ora per piazza Tahir è facile rendersi conto che la rivolta non era certo finita. Presidi militari e carri armati sono ovunque. E dunque ancora una volta vale la pena di porsi qualche quesito, dalla celebrata “primavera araba” in poi.
Al Cairo, dicono, hanno finito addirittura le bare. Si continua a morire per una democrazia che ancora resta, purtroppo, un sogno. Anche lì, insomma, hanno festeggiato troppo presto.
L’atmosfera è incandescente, anche ieri si sono verificati scontri e violenze. E la situazione si va sempre più complicando.
L’ultimo segnale è la formazione di un nuovo gruppo islamico (Ansar al-Shariah) che ha annunciato la sua formazione in Egitto, definendo la deposizione del presidente Morsi da parte dell’esercito una dichiarazione di guerra alla religione e minacciando di usare la violenza per imporre la legge islamica. Come al solito è sempre più difficile e pericoloso fornire informazioni. Soprattutto sotto Morsi sono stati denunciati numerosi e gravi episodi di violenza. Ashley Webster della Fox ha raccontato che agenti di sicurezza sono entrati nella sua camera d’albergo e picchiato un cameraman fuori il balcone da cui stava girando. Altri reporter sono stati aggrediti in piazza Tahrir. C’è stata anche un vittima: il 28 giugno scorso Salah al-Din Hassan, un giornalista che lavora  per il sito web Shaab Masr , è stato ucciso da una bomba artigianale a Port Said. In altri episodi contro i giornalisti, gli assalitori hanno lanciato bottiglie molotov, distrutto attrezzature, sparato proiettili veri e di gomma,  utilizzati bastoni, verghe e pugni. Un reporter è stato rapito e un altro è stato addirittura violentato.


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