«C’è una certa censura in Turchia. I primi giorni era difficile avere notizie, i media nascondevano gli scontri di piazza e se non ci fosse stato internet noi non saremo stati informati. Emblematica è stata la trasmissione a reti unificate di lunghissimi documentari sui pinguini mentre le persone riempivano le strade. Ci sono state alcune TV che trasmettevano le dirette dalla piazza, erano tre e sono stata tutte multate dal Governo per la loro scelta. La motivazione è stata che con la diretta degli scontri spaventavano donne e bambini». Maurizio vive e lavora ad Istanbul da tre anni e ha seguito dal primo giorno le manifestazioni che stanno portando in piazza il popolo turco contro il premier Erdogan. Ha assistito a scene in cui manifestanti urlavano dal dolore delle ustioni provocate dagli agenti chimici aggiunti all’acqua degli idranti usati dalla polizia e ci ha anche raccontato manifestazioni spesso pacifiche interrotte dalla violenza delle forze dell’ordine.
Con lui abbiamo parlato soprattutto di informazione e media. L’analisi e i racconti di Maurizio ci dipingono una TV imbavagliata e faziosa controllata, per la maggior parte, da una sola persona. Una realtà che conosciamo bene anche qui in Italia. Una televisione pronta a censurare e a distrarre i cittadini parlando di migrazioni di pinguini o trasmettendo televendite al posto delle persone che scendono in piazza, ma che non manca di seguire minuziosamente, e a reti unificate, gli interventi pubblici del premier Erdogan. I media di regime si sono schierati con il governo, un governo che censura e imbavaglia anche i media indipendenti. Maurizio ci ha dato una notizia: le Tv non allineate che trasmettevano gli scontri in diretta hanno pagato cara questa scelta.
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