Quattro passi francescani possono rappresentare consapevolezze utili ad animare un agire pacificante: la lotta interiore, il rapporto con i ladroni, poi il rapporto con il lupo di Gubbio, infine il rapporto con il sultano.
Mi è capitato tra le mani «Il Sole 24 Ore» con un titolo che ha catturato l’attenzione: «La pace e quattro passi». Recensione al volume How enemies became friends (Come i nemici diventano amici), di Charles Kupchan.
Sono quattro corsie preferenziali per raggiungere la pace. Si parte da un’offerta unilaterale per vedere se il nemico accetta; si continua mettendo in atto la moderazione reciproca, cioè dalla rivalità alla cooperazione; si passa così alla stagione dell’integrazione, attraverso l’incontro e il dialogo; infine matura il nuovo modo di essere. Questo quarto passo è messo in atto dalla generazione Erasmus, un progetto che permette ai giovani di passare un periodo di studi all’estero con altri ragazzi. Quest’ultima realtà è poco studiata, perché come affermava ironicamente Thomas Hardy, «La guerra fa scrivere storie fragorose, la pace annoia».
Questo percorso mi ha suggerito altrettanti passi francescani che potrebbero rappresentare consapevolezze utili ad animare un agire pacificante. La prima è la lotta interiore, la seconda il rapporto con i ladroni, poi il rapporto con il lupo di Gubbio, infine il rapporto con il sultano. Praticamente, conseguire la pace con se stessi, con l’uomo, con il nemico, con l’estraneo.
Come fare allora per far diventare il nemico amico? Francesco ci indica l’importanza di accogliere la lotta interiore che viviamo quotidianamente tra i desideri della carne e i desideri dello spirito. Chi di noi non sperimenta il desiderio della concupiscenza, desideri che non vorrebbe vivere? Quante volte emergono desideri buoni, belli, veri, di perdono, di umiltà e di pace? È una lotta costante dentro di noi che si assopirà solamente con l’abbraccio con Dio.
Prenderne coscienza accogliendola e offrendola al Signore di noi si mettesse la mano sul proprio cuore, difficilmente giudicherebbe e condannerebbe. Negli scritti di Francesco i passi dedicati alla lotta interiore sono quelli più ampi (Regola non bollata, cap. 17: FF 48). Il secondo passo è la lezione che il Santo dona ai suoi frati quando respingono i ladroni di Montecasale.
Francesco invece li invita a pranzo e – ci raccontano le cronache – si convertirono e divennero frati (Compilazione di Assisi, 115: FF 1669). È la logica del perdono. Poi abbiamo il noto episodio con il lupo di Gubbio che sottende la questione sociale, il rapporto con il nemico. Il lupo spaventava perché non aveva di che mangiare. Francesco mette in atto la pedagogia della comprensione, dandogli ristoro, guadagnandone la fiducia (Fioretti, XXI: FF 1852).
Infine il rapporto con il sultano, con l’estraneo. È un punto di arrivo interessante dove il nemico diventa fratello attraverso il dialogo e la stima che abbatte la barriera della minaccia e della rivendicazione (Leggenda maggiore di san Bonaventura, 9,8: FF 1173).
Era il lontano 1219 e gli altri episodi ruotano intorno a questi anni che gettano la base per quello che sarà poi lo shalom francescano «fatto di accoglienza, di perdono, di comprensione e di dialogo». Vogliamo percorrere questi passi anche noi, consapevoli che la pace è un cammino faticoso, e prima ancora dono di Dio. Ci auguriamo che la vita quotidiana siano l’occasione per dare pace alle persone che incontriamo, alla luce di Gesù che, subito dopo la risurrezione, ai discepoli donò quella pace che il loro cuore e il nostro cuore desidera vivere.
Padre Enzo Fortunato
Direttore della Rivista San Francesco Patrono d’Italia
Fonte: http://www.sanfrancescopatronoditalia.it
Da perlapace.it