“Il 15 ottobre dell’anno 2009, a Roma, un ragazzo che faceva il geometra con suo padre ed amava e praticava il pugilato, veniva consegnato alla Giustizia per aver violato la legge sugli stupefacenti. Quel ragazzo pagava il suo errore con la vita dopo 6 giorni di atroci sofferenze. Quel ragazzo si chiamava Stefano Cucchi. Dopo oltre tre anni e mezzo di processi, nei quali lo Stato ha processato la sua famiglia e, soprattutto lui stesso, il prossimo 5 giugno , nell’aula del carcere di Rebibbia , sarà pronunciata la sentenza . La Giustizia sarà in grado di essere severa e senza sconti anche con se stessa? Non lasciamo Rita, Giovanni ed Ilaria Cucchi da soli”. Così scrivono in una lettera congiunta Lucia Uva, Patrizia Moretti, Domenica Ferrulli, madri, figlie, sorelle private dei loro cari, vittime di abusi da parte delle forze di polizia alla vigilia della sentenza relativa al caso di Stefano Cucchi.
“Non lasciamo dimenticato Stefano Cucchi. In nome di Dio, della nostra Costituzione, della Giustizia, quella vera, della dignità umana, non lasciamo da solo Stefano Cucchi.
Troviamoci tutti lì quel giorno ed in quel momento, per far capire a tutti che Stefano merita e meritava rispetto. Che la sua famiglia merita rispetto. Che ogni cittadino italiano e straniero merita rispetto. Senza distinzione di sesso, razza o religione. Ci vediamo tutti a Rebibbia il 5! Tutti insieme con Stefano Cucchi”