L’albero delle libertà: Il caffè di lunedì 3 giugno

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Oh, bene! Finalmente è tornata la dialettica, io dico A, tu non-A. Almeno tra i “grandi” giornali. La Repubblica si schiera al fronte del no all’elezione diretta del Capo dello Stato. Con Saviano, Zagrebesky e Rodotà. O, almeno, lo fa oggi il suo direttore, Ezio Mauro. Il Corriere della sera si lascia sedurre dal modello francese. Con Belardelli, Barbera, Panebianco e il professor Sartori, dimenticato dai colleghi, ma che sale lo stesso sul carro.

Intanto si è perso il tempo per cambiar subito la legge elettorale. Per cui, se mai il Processo Costituente si dovesse inceppare, andremmo al voto di nuovo con il premio che trasforma una minoranza in larga maggioranza e senza collegi né preferenze. Intanto – lo apprendiamo dal Giornale e da Repubblica – Silvio Berlusconi lo statista, ridiventa Berlusconi Silvio l’imputato. Per il 19 del mese è previsto un giudizio della Consulta sul legittimo impedimento per il caso Mediaset. Un ulteriore ripulsa delle istanze della difesa aprirebbe la strada – dicono gli avvocati del Cavaliere – a una condanna definitiva in Cassazione, magari con la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici. Il 23 la corte d’Assise si pronuncerà, poi, sul caso Ruby; concussione e prostituzione minorile. Un assalto intollerabile alla politica! Ti pareva. Dunque, di nuovo minaccia di elezioni. A meno che….che….Che?

Intanto viviamo letteralmente fuori dal mondo. Gli arresti di massa e le violenze della polizia, le manifestazioni di giovani che si sciolgono e si ricompongono a Istanbul dimostrano che non si vive di solo Pane e Moschee. In Turchia lo sviluppo economico è stato impetuoso negli ultimi anni. E’ cresciuta una classe di nuovi benestanti a cui Erdogan promette ordine pubblico, decoro islamico e supermercati all’americana. Ma ai ragazzi non basta. La difesa di un albero, laddove si voleva costruire una nuova moschea, diventa simbolo della lotta in difesa di ogni libertà. E la risposta rozza del leader : “non sarà una banda di vandali a farci cambiar rotta”; oppure, “twitter è una minaccia per la società”; o ancora, “se si riuniscono in 100mila, mobiliterò un milione di iscritti al mio partito” dà il senso della drammaticità dello scontro.

Finirà come la primavera a Teheran? Possibile. Certo, noi Europei, stiamo buttando via il futuro dei nostri figli. Stallo in Egitto, tra primavera e dittatura islamica. Guerra senza quartiere a Damasco e Aleppo. Il Libano di nuovo coinvolto nella guerra civile, questa volta tra sciiti e sunniti radicali. Israele con l’autorità della sua potenza militare, ma mai così poco autorevole. E l’America che spera nei Radar e nei Droni, per non impantanarsi in altre guerre. Mentre l’Europa è in altre faccende affaccendata. Mi chiedo dove siano finiti quelli che volevano la Turchia in Europa. Berlusconi voleva pure Israele. Hollande e Merkel balbettano di un Presidente permanente dell’area Euro, senza dirci cosa pensano della difesa, della politica estera. Né se pensano a un’Europa meno grande ma più solidale. Letta va a Berlino e Bruxelles come De Gasperi andò in America. Per trarne legittimazione e consolidare il suo potere in patria. Ma l’Europa è vicina e andrebbe aiutata.

Ma via, bando al pessimismo. Dobbiamo aspettare solo 18 mesi – lo ha promesso Napolitano – poi ci daranno il toccasana per ogni malattia. La grande riforma. Quella che non venne dopo il 68, né dopo il martirio di Moro. Che fu annunciata invano negli anni 80, tornò, promessa vana, dopo Tangentopoli. Sfiorì dopo il patto della crostata, in bicamerale. Ma questa volta? Ci pensa Alfano. Ieri pomeriggio sono rimasto un paio d’ore fermo in aeroporto, perché un gruppo di gabbiani non permetteva né il decollo né l’atterraggio. Ho parlato con un giovane manager, ho visto dei ragazzi, figli di un antico conoscente, tornati nella terra avita per sposarsi. Italiani che lavorano per grandi aziende che italiane non sono, o non sono più. Di passaggio, di ritorno per ripartire. Con la testa in Italia e altrove. A un tratto ho pensato a Bersani, quando lamentava che il Pd fosse divenuto “un luogo della politica e non un soggetto”. l’Italia tutta rischia di restare luogo e di non essere soggetto!

Ma perché Napolitano, invece di stendere la tela della sua vibrante preoccupazione su Angelino ed Enrico, reggenti di Pd e PDL, vice e premier di un governo a termine che deve fare tutto e niente, perché il nostro saggio Presidente non spinge quei suoi due delfini a puntare l’intera posta sull’Europa. Europa del Welfare, dove sia un diritto farsi curare, godere di un parco, andare a teatro. Europa della tolleranza e dei “lumi”. Isola di storia e civiltà tra America e Asia. Consigliera di pace e di libertà con le rivoluzioni arabe e islamiche. Polo d’attrazione per i giovani di Istanbul, interlocutore rispettato e ascoltato dal governo di Ankara. Amica severa e sincera di Israele. Hoc est simplicissimum – citazione da “cent’anni di solitudine”-. Perché Napolitano non è Altiero Spinelli. Viene da una scuola, quella del PCI post togliattiano, rimasta senza benzina, per aver rinunciato al legame simpatetico con le spinte al cambiamento ed essere rimasta sempre più impigliata in parole e categorie ormai prive di senso. Che viva e vibrante desolazione!

Da corradinomineo.it


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