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La Rai del futuro nel sistema cross-mediale

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VERSO IL CONVEGNO DEL 2 LUGLIO AL CNEL (Art.21/Fondazione Di Vittorio) – Un tempo era dominante l’idea di fare della RAI  un ente come la BBC, che fosse autonoma dal potere e dalla politica, e che fosse gestita come la Banca d’Italia: indipendente dagli altri poteri istituzionali, efficiente, meritocratica, dove tutto e tutti si potessero valutare sul proprio lavoro e sui curricula. Una RAI che facesse programmi di qualità, diffondesse la cultura, promuovesse la cinematografia, tutelasse il pluralismo informativo. Quella RAI non ha mai visto la luce concretamente, nonostante la storica riforma del 1975 e alcuni periodi di breve indipendenza editoriale negli anni Novanta.

Oggi, il sistema multimediale italiano, pubblico e privato, è ridotto in macerie. Sullo sfondo, i due pilastri della decadenza: la legge Gasparri e l’assenza di una vera legge contro i conflitti di interessi, un’anomalia rispetto alla stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione Europea e dell’OCSE. Soprattutto in un paese, come il nostro, dove il mercato pubblicitario è diventato asfittico, dominato dalla concessionaria privata Publitalia della Fininvest.

Crisi finanziaria, occupazionale, editoriale, di risorse, ma anche per mercato “bloccato”, monopolizzato da RAI e Mediaset nel settore “generalista”, nel digitale terrestre e nella produzione di fiction; occupato oligopolisticamente nel satellitare da SKY Italia del magnate anglo-australiano Rupert Murdoch. E questo, mentre si va estendendo la platea della “Generazione della Rete”, con lo sviluppo della “cross-medialità”, la convergenza delle piattaforme (WEB, satellite, mobilephone, tablet, ADSL, fibre ottiche, digitalizzazione, social networks, ecc…).

Ancora una volta, 20 anni dopo la stagione dei “Professori”, siamo di fronte ad una sfida storica per la tenuta e lo sviluppo del Servizio pubblico italiano. Più che di una Ristrutturazionela RAI, comunque, ha bisogno di una Rigenerazione. Alla base di qualsiasi progetto di riforma della RAI vanno poste due questioni “dirimenti”: il superamento del conflitto di interessi e l’abolizione della legge Gasparri, entrambi distorsioni di un mercato chiuso, oligopolistico e succube dei potenti di turno.

Ecco quindi alcune linee strategiche sulle quali intervenire:

– L’attuale “tripartizione” dell’offerta Televisiva, figlia di una stagione politica, culturale, sociale ed economica ormai terminata, va considerata superata dalla storia. Non va neppure demonizzata l’eventuale cessione di una rete RAI sul mercato, ma ad imprenditori indipendenti, che non siano portatori di conflitti di interessi e che comunque preveda contemporaneamente la riduzione a 1 o massimo 2 reti (tra digitale terrestre e satellitare) anche per il concorrente Mediaset, come accade nel panorama europeo e mondiale, dove ad un forte “Public Service Broadcaster” si confrontano più Network commerciali, ma ognuno in mano a gruppi editoriali diversi. Un mercato davvero libero, aperto e competitivo, insomma. Solo in Italia, unico caso nell’Unione Europea e nel resto dell’OCSE, persiste un mercato “bloccato” con tre reti pubbliche e tre commerciali generaliste in mano ad un unico  proprietario, “gestore” del maggior partito di centrodestra e già più volte capo del governo.

– Altra anomalia italiana è la TV satellitare, anche quella in mano ad un monopolista, SKY Italia, che fa capo al più grande gruppo multimediale del mondo,la News Corporation di Rupert Murdoch. In altri paesi europei, come in Gran Bretagna, per arginare l’oligopolio cross-mediale privato, si è scelto di dar vita ad una piattaforma satellitare gratuita, dove la BBC è presente con altri soci, e ad un’unica nel digitale terrestre, partecipata da enti pubblici e società private. Perché non seguire quell’esempio anche in Italia, creando una società apposita, mista, per le trasmissioni satellitari con la RAI e i Network privati?

– Trasformare la RAI da azienda monocratica a società multimediale composita: una per la TV (divisa in nazionale e regionale), una per la Radio, una per i sistemi di trasmissione, una per la pubblicità, e un’altra ancora per la produzione e distribuzione dei prodotti cine-fiction. Società controllate o subholding o divisioni con una loro autonomia editoriale. Andrebbe creata una Società apposita perla RAI Regioni, con azionariato aperto alle Regioni sulla base di servizi digitali terrestri specializzati. Si pensi a canali regionali  dedicati anche alle attività ufficiali delle Regioni, con le dirette dalle assemblee, ma anche dei principali Comuni; così come alla coproduzione di documentari e programmi culturali.

– Un’unica redazione giornalistica TV e una sola redazione giornalistica Radio, come una sola redazione WEB con un unico sito online. Sviluppo integrato di tutte le piattaforme, per ampliare la penetrazione dell’offerta informativa e renderla immediata e non passiva, in maniera “glocal”: regionale, nazionale, internazionale, con il contributo degli stessi fruitori-abbonati attraverso gli strumenti digitali di ultima generazione.

– Differenziazione dell’offerta per “sensibilità culturali e generazionali”, oltre che per l’utilizzo dei vari sistemi digitali di comunicazione (Web, satellite, telefonia mobile).

– Valorizzare alcuni servizi di “pubblica utilità” come il Meteo,la Viabilità, le informazioni parlamentari e quelle regionali-comunali, attraverso canali “premium” oppure sostenuti da fondi appositi inseriti nel contratto di Servizio, che possano utilizzare finanziamenti regionali ed europei.

– Formazione professionale permanente (in attuazione di una Direttiva europea e di una legge nazionale, sulla base del progetto d’intesa FNSI-FIEG), per ricollocare i giornalisti che si trovassero in settori critici e inserire le nuove leve della “generazione digitale”. Corsi per l’aggiornamento tecnologico sulle nuove funzioni editoriali per i redattori cross-mediali: dall’uso dei Tablet e dei telefoni mobili di ultima generazione, alle fotocamere 3 e 4 K (che realizzano filmati in HD, piccole, agili e facili da connettere in Rete. Nuovo ruolo perla Scuola di giornalismo Perugia e per il Centro di ricerche Torino, un’eccellenza mondiale.

– Radio all’altezza delle sfide della multipiattaforma: web radio, sat radio, radio telefono mobile, autoradio. Quindi investimenti in tecnologie digitali e satellitari e ripensamento editoriale della Radio, con un vero canale Allnews 24 ore su 24, intervallato da approfondimenti, musica, collegamenti con le sedi regionali. Un canale con alcuni appuntamenti GR e offerta di programmi che vedano anche una proposta al 50% di musica italiana e 50% estera, di cui la metà europea, come nel caso francese; un altro canale di offerta classica e jazz, musica “dotta” e sperimentale con alcuni spazi di approfondimento informativo e culturale e appuntamenti regolari di GR con “respiro ampio” non a flash. Il problema da risolvere è come ampliare l’offerta Radio multipiattaforma, specie sul WEB, ma anche sulla telefonia mobile, visto l’uso di questi strumenti come fornitori essenziali di musica ad alta resa HIFI, scaricabile nelle memorie personali.

– Ripensare la funzione dello Sport, dopo le acquisizioni dei maggiori eventi nazionali, europei e mondiali da parte del monopolista satellitare SKY Italia (tutto il calcio italiano ed estero,la Formula1, le moto GP, le Olimpiadi, i Mondiali di calcio, ecc..). Se i “grandi eventi” sportivi, nazionali e mondiali, costano troppo, allora occorrerà trovare nuove formule di lobbismo, insieme agli altri Public Service Broadcaster, anche per “strappare” contratti non onerosi. Far intervenire sia le istituzioni europee per calmierare il mercato, usando anche l’arma della legislazione antitrust (le società che gestiscono gli eventi sportivi “più redditizi”, operano in maniera monopolistica). Altrimenti la TV pubblica, in Italia come nel resto d’Europa, dovrà dire addio alle principali manifestazioni sportive, vere “galline dalle uova d’oro” per i canali “premium”.

– Una nuova “Serra creativa”, co-finanziata da aziende private e da istituzioni pubbliche, enti locali, come le Regioni che già cofinanziano produzioni cinematografiche.

E’ chiaro che per questa Rigenerazione tutta l’azienda avrà bisogno di risorse certe e chiare, legate ai prodotti, ai progetti e all’innovazione tecnologica continua. Quindi, certezza delle entrate pubbliche, attraverso un canone legato all’aumento dell’indice inflattivo reale, percepito, e non a quello “sterilizzato”. Un canone che dovrà essere inserito nella bolletta elettrica (tutti gli strumenti multimediali utilizzano l’elettricità come fonte diretta o come ricaricamento energetico), oppure, come accade in altri paesi, nella tassa sulla casa (Francia) o nella dichiarazione dei redditi, alla quale andrà allegata.

– Nel Contratto di Servizio andrebbero inserite forme di finanziamento rivalutabili annualmente, collegati ai progetti editoriali e tecnologici, oltre che alla “penetrazione informativa” presso il pubblico e alla “percezione qualitativa” dei prodotti stessi. In questo senso, andrebbe prevista una Struttura apposita, mista, formata dagli esperti del Centro Ricerche, da giornalisti e autori, anche per aggiornare l’uso dei mezzi tecnologici.

– Ampliare la rete delle sedi di corrispondenza, utilizzando “strutture leggere” tecniche e immobiliari, ma riportando i riflettori della RAI sul mondo in maniera autonoma e indipendente, siglando accordi con sedi diplomatiche, regionali all’estero, camere di commercio, per l’uso dei locali, arrivando così a risparmi di tutto rispetto.

– Registro dei fornitori e società di appalti. Oggi siamo dominati, dal punto di vista ideativo e realizzativo, “chiavi in mano”, da 4/5 società private che operano per tutti i Network, pubblici e privati. Tutta la capacità “ideativa e produttiva” deve ritornare in ambito RAI, dove esistono le competenze e le professionalità, mentre è auspicabile un allargamento delle “co-produzioni” europee, secondo contratti trasparenti e con la figura dominante della RAI in tutti i processi ideativi e produttivi. Il ritorno della cultura “alta” (lirica, teatro, eventi musicali, ma anche grandi esposizioni) è un altro atout chela RAI dovrebbe sviluppare con il contributo di fondi europei, l’Unesco, lo Stato e sponsor privati.

La Rigenerazione della RAI si basa sullo sviluppo industriale, editoriale e tecnologico, contrariamente ad una ristrutturazione fatta solo di riduzioni lineari di spese, investimenti e personale. Questo è il “guanto di sfida” che dobbiamo gettare tutti insieme nel campo della politica  e del mercato. Altrimenti, anche perla RAI potrebbe appellarsi lo spettro che oggi si aggira per il Portogallo, con la RTP,  e in Grecia con la ERT, servizi pubblici che governi di centrodestra, non sapendo più dove tagliare le spese “pubbliche” hanno deciso di chiuderli o “affidarli in mano private”,  contravvenendo ai trattati di Lisbona e Amsterdam, alle delibere del Consiglio d’Europa e del Parlamento europeo, nel più assordante, complice, silenzio delle istituzioni europee, a partire dalla Commissione.


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