E mo’ basta: e se lo dice anche Lele Mora è ragionevole crederci. L’uomo, infatti, mai ha negato d’appartenere -e da questo ricavarne i redditi- al mondo (vogliamo chiamarlo?) di facili costumi che reato non è. Lui (tra i pochi) s’è fatto la galera per altre ragioni. Oggi, coinvolto insieme a Minetti e Fede in processo penale “agganciabile” a quello da poco concluso in primo grado con la condanna d’ex presidente del consiglio a 7 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici, s’è reso conto che non ha proprio più senso sforzarsi di trovare una qualche difesa, per quanto legittima si badi, verso uno stato delle cose che lui (non dimentichiamolo: intenditore e professionista di quei legittimi facili costumi) dichiara indifendibile per le ragioni (“bufera infernale…cibo avariato”) da lui esposte nel dibattimento. Il punto sta proprio qui. Da “autorevole consulente” di e per (legittimi) facili costumi, abbiamo sentito che in quel delle cene eleganti d’Arcore a suo parere ci furono abusi di potere e degrado…
In tal senso cogliamo (ulteriore probatoria) occasione per rispondere a tutti quelli che insistono (per fede intoccabile nell’unto, Fede, malafede e/o ignavia e/o tornaconto e/o ignoranza ecc. ecc.) a volerci sciroppare la favoletta del “ciascuno a casa propria fa ciò che vuole”. Corrisponde al vero che ciascuno, compreso un premier italiano, a casa sua può fare ciò che vuole sia di difficili che di facili costumi: è la meravigliosa conquista dello stato di diritto. E’ lo sputtanare (degradare) casa nostra, così come è stato fatto abusivamente, che è vietato nello stato di diritto!
Oh, gente, ma non è che quel (lontano famosissimo spottone) “la casa degli italiani” v’abbia condizionato al punto di credere che casa nostra era perciò diventata anche casa sua?!