“A questa decisione la Corte è giunta osservando che, dopo che per più volte il Tribunale aveva rideterminato il calendario delle udienze a sèguito di richieste di rinvio per legittimo impedimento, la riunione del Consiglio dei ministri, già prevista in una precedente data non coincidente con un giorno di udienza dibattimentale, è stata fissata dall’imputato Presidente del Consiglio in altra data coincidente con un giorno di udienza, senza fornire alcuna indicazione (diversamente da quanto fatto nello stesso processo in casi precedenti), né circa la necessaria concomitanza e la “non rinviabilità” dell’impegno, né circa una data alternativa per definire un nuovo calendario.”
Con questo comunicato, la Corte Costituzionale ha sentito il bisogno quasi di giustificarsi per la decisione con cui ha bocciato il ricorso per conflitto di attribuzione promosso dal Presidente del Consiglio contro il Tribunale di Milano, che ha avuto l’ardire di celebrare l’udienza prefissata, malgrado l’imputato Berlusconi avesse convocato un Consiglio dei Ministri ad libitum proprio il giorno dell’udienza che la sua stessa difesa aveva concordato con il Tribunale.
In sostanza la Corte ha detto: quando è troppo, è troppo!
Ovviamente si è immediatamente levato al cielo un concerto di recriminazioni dai cortigiani di Silvio, che hanno intonato (ormai è un disco rotto) il canto del Cavaliere senza macchia e senza paura perseguitato da un complotto di malvagi che vogliono eliminarlo dalla scena politica per via giudiziaria, non essendoci riusciti con le armi della politica.
L’unica reazione azzeccata, forse, è proprio quella dei ministri del Pdl, i quali “allibiti, amareggiati e profondamente preoccupati” osservano che “la decisione della Consulta (..) sancisce la subalternità della politica all’ordine giudiziario”.
Fatta una piccola precisazione, ovvero che la funzione dell’ordine giudiziario è quella di assicurare il rispetto della legalità e che quindi non si tratta di subalternità all’ordine giudiziario ma alla legge, non v’è dubbio che l’osservazione dei ministri del Pdl coglie nel segno.
La Consulta, con questa decisione, ha riaffermato il primato del diritto sulla politica; vale a dire che quest’ultima non è onnipotente e che anche gli uomini politici, sia nell’esercizio della funzioni pubbliche sia nella vita privata o professionale, devono rispettare le leggi e non sono autorizzati a delinquere, per questo non possono sottrarsi al controllo giurisdizionale.
Orbene si dà il caso che la subordinazione della politica al diritto è il tratto peculiare di ogni ordinamento democratico, poiché solo nelle dittature e nei regimi autoritari gli organi che esercitano il comando politico sono svincolati da ogni controllo di legalità.
E’ la Costituzione, bellezza!
La Costituzione ha istituito degli organi di garanzia, indipendenti dai poteri politici, proprio allo scopo di assicurare che l’esercizio di tutte le funzioni e poteri pubblici e privati sia soggetto al rispetto della legge.
Ciò che stupisce i cortigiani di Berlusconi è l’ABC della democrazia.
Del resto il modello di democrazia che piace a Berlusconi è quello creato da Mussolini.
Infatti, che Mussolini rappresenti il modello di governante che piace a Berlusconi, ce l’ha detto lui stesso, qualche anno fa, nel corso di un dibattito pubblico alla presentazione di un libro di Bruno Vespa: «Tra tutti gli uomini di cui si parla in questo libro – ha detto Berlusconi – c’è un solo uomo di potere, ed è Mussolini. Tutti gli altri, poteri, non ne hanno, hanno solo guai. Credo che se non cambiamo l’architettura della Repubblica non avremo mai un premier in grado di decidere, di dare modernità e sviluppo al Paese» (Corriere della Sera,12 dicembre 2007).
Oggi c’è il rischio che questo progetto di cambiare l’architettura dei poteri della Repubblica si traduca in qualcosa di molto concreto, grazie all’imperativo della riforma costituzionale da fare in 18 mesi, con l’obiettivo per il Pdl di insediare il loro modello di democrazia preferito: quello che vede un solo uomo al comando.
In Italia, con il fascismo, abbiamo già vissuto quest’esperienza e ciò è un buon motivo per non ripeterla.