Papa Francesco sta sconvolgendo la Chiesa. Con metodo e visione strategica. Non solo nelle abitudini, il modo e il luogo dove vive e riceve i suoi ospiti, le visite nelle parrocchie di periferia, una predicazione quotidiana che sconvolge il modo di pensare al Papa. In qualche modo le encicliche toccavano temi fondamentali della vita della Chiesa e dell’ umanità (la pace, per es. con la Pacem in terris). Ma le encicliche in qualche modo, anche se erano indirizzate a tutti gli uomini, nel profondo risentivano dell’ ideologia medievale della summa, un intervento che sistematizzava le conoscenze e i punti di riferimento di un sapere. Ma oggi viviamo in un mondo troppo complesso, frammentato, rapido, veloce, indifferente per essere toccato da un’ enciclica che pure in alcuni momenti di un pontificato saranno uno strumento necessario.
Papa Francesco ha capito che anche quando si ha ragione non è detto che si sia seguiti perché viene inviata una lettera agli uomini di tutto il mondo. L’ esempio della Pacem in terris è sotto certi aspetti clamoroso. Uscì tempestivamente, ciò che vi è scritto proclama parole sante, ma in nulla ha influito su un mondo che continua a vivere di guerre, “suicidio dell’ umanità”.
Papa Francesco ha capito che occorre un intervento quotidiano, determinato, un segnale a tutta la Chiesa, ma anche la proclamazione di una parola che non ha paura dei poteri forti, che interviene con una durezza pari alla sfida, al pericolo che la degenerazione del costume morale fa correre all’ umanità. Della corruzione ha detto: “la corruzione è l’ anticristo in mezzo a noi”. E il Vaticano, tanto per cominciare, ha pubblicato su l’ Osservatore romano, un’ intervista del Presidente dello Ior che analizza tutti i problemi di quella che viene chiamata la banca vaticana, oggetto di sfiducia e di voci incontrollate che mal si conciliano con l’ acqua santa. Come dire. Esigiamo, ma siamo i primi a metterci in discussione e siamo determinati a farlo.
Come ha ricordato anche recentemente Noam Chomsky,è dagli anni Settanta che è cominciata la deregulation dei mercati finanziari, la pratica di quella che un premio Nobel dell’ Economia, Joseph Stiglitz ha definito: “l’ assurda religione che i mercati hanno sempre ragione”. Sono ormai più di quarant’ anni che, passo dopo passo, si è distrutto tutto ciò che il New Deal aveva prodotto per regolare l’ attività finanziaria. I risultati sono quello cui stiamo assistendo. Le ragioni le conoscono tutti, ma chi ha in mano la finanza ha poteri economici, di condizionamento, di lobby, di ricatto. Tutti dicono che bisogna mettere regole alla speculazione finanziaria, a questa economia senza controllo che muove carta invece che valori economici, ma nessuno interviene realmente. Dicono di aiutare i paesi in difficoltà ma i risultati sono di un’ evidenza così clamorosa che lo stesso FMI deve riconoscere di aver sbagliato.
Hanno dato i soldi alla Grecia più che per aiutare la popolazione per permettere alle Banche tedesche di rientrare dai loro improvvidi investimenti. La BCE finanzia i mercati ma il meccanismo è tale per cui i nostri buoni del tesoro sono destinati a passare in misura rilevante e cospicua in mano agli italiani (nel passato erano in larga parte possesso di investitori stranieri). Questo comporta una conseguenza tale che se fallisce l’ Italia il prezzo lo paga la popolazione, ad andare in fumo saranno i risparmi degli italiani. I finanzieri e le banche straniere non ci rimetteranno una lira. Questo ha come conseguenza che poco importa alla grande finanzia se l’ economia italiana va al tracollo e non potremmo pagare i debiti perché non produciamo, perché non abbiamo più un’ industria manifatturiera. Tanto a fare la fame saranno gli italiani.
Quella che manca non è la consapevolezza dei problemi, al di là delle chiacchiere, quello che manca è una fermezza etica che si metta di fronte a questi poteri che impongono guerre, droga, commercio di persone, speculazione finanziaria, impoverimenti. Occorre qualcuno che abbia il coraggio di affrontare questi speculatori cinici, abietti e privi di scrupoli che conducono intere popolazioni alla tragedia. Quello che manca non è la consapevolezza del problema, è una determinazione etica che obblighi a un cambiamento radicale, che metta un altolà deciso, invalicabile. In questa battaglia Papa Francesco è uno dei pochi punti di riferimenti reali, volitivi e determinati. Ha detto recentemente: “L’ indifferenza fa sì che, nel mondo di oggi, una persona che muore di freddo per strada non fa notizia. Al contrario un abbassamento di 10 punti nelle Borse di alcune città costituisce una tragedia. Le persone vengono scartate. Noi, le persone, veniamo scartati come fossimo dei rifiuti”.
Ha usato parole ancora più forti: “Noi non stiamo vivendo un momento di crisi. Peggio. E’ la persona umana che è in pericolo”.
Ci vuole coraggio per dire queste cose. Quando si toccano alcuni poteri si rischia molto (Papa Giovanni Paolo II lo ha sperimentato sulla sua pelle). Per questo Papa Francesco non va solo apprezzato, non va solo amato, va anche sostenuto, bisogna far capire che nella sua battaglia ha attorno a sé molte persone, intere comunità. Ciò che esprime è il sentire di intere popolazioni. Una persona si può abbattere. Abbattere intere popolazioni è molto più difficile.