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Il mondo convergente delle multipiattaforme rende non più necessaria l’esistenza di un servizio pubblico?

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VERSO IL CONVEGNO DEL 2 LUGLIO AL CNEL (Art.21/Fondazione Di Vittorio) – Per il servizio pubblico la questione che si pone con maggiore urgenza è quella relativa alla prospettiva, anche di tipo regolatorio, del rapporto tra la sua missione e lo sviluppo delle diverse piattaforme tecnologiche, in particolare di quelle fondate sull’utilizzo di internet. Intanto una prima questione. Il mondo convergente delle multipiattaforme rende non più necessaria l’esistenza di un servizio pubblico? Quei connotati di pluralismo e rappresentatività, posti da sempre a sua giustificazione, sono superati dall’infinita serie di opportunità informative fornite dalla rete? A questa domanda ovviamente si deve rispondere non sulla base di ció che fin ora è stato. La sopravvivenza del concetto di servizio pubblico, come bisogno primario della collettività all’interno del sistema della comunicazione, ha una possibilità di successo solo se lo stesso sarà declinato su tutte le reti, internet in primis, e sarà adeguato al mutato scenario conseguente all’evoluzione del sistema della comunicazione elettronica. Avere tante possibilità di informazione e di contenuti non significa che venga meno l’interesse,  anche costituzionale, a che vi sia un faro di sicure coordinate a cui potersi rivolgere durante la navigazione. Ad esempio, più che mai in rete si pone il probema dell’affidabilità delle notizie. Questo può essere in parte risolto dalla reputazione di chi immette quel determinato contenuto. Resta tuttavia una grande incertezza. Come colmarla. Nel sistema c’è chi, come il servizio pubblico, ha l’obbligo per statuto di produrre informazione garantita quanto a verifica delle fonti, qualità, indipendenza, gratuità.  Tutto questo come evoluzione e non sostituzione del vecchio concetto del pluralismo interno. Sul piano costituzionale, all’effetto sul servizio pubblico dell’articolo 21 deve aggiungersi, in una società sempre più organizzata intorno alla connessione alla rete, la garanzia di livelli minimi di servizio prevista dall’articolo 117. Ci potrebbero essere infatti tanti soggetti che svolgono un ruolo proficuo sul piano del pluralismo informativo o dell’offerta di contenuti, ma non saremo mai sicuri che tale condizione, in assenza di un servizio pubblico nazionale, sia presente in tutte le complesse articolazioni territoriali e sociali del nostro paese.  Altro tema in una rinnovata missione è quello della fornitura gratuita di contenuti. Viviamo sempre più processi comunicativi nei quali i contenuti di pregio sono a pagamento. Ora le tecnologie già presentano un problema di inclusività sociale, o perchè sono costose o perchè sono difficili da usare oppure perchè materialmente non raggiungono tutti i cittadini. Se a questo problema si aggiunge il loro costo si rischia in futuro di avere una parte della società che gode di una partecipazione informata e di contenuti di qualità e un’altra che deve accontentarsi di un’offerta più scadente, caratterizzata da un forte peso della pubblicità e della pratica di un sbrigativo trattamento dei dati personali. Ma un’offerta di contenuti di qualità significa anche avere un ruolo nella loro produzione. Il digitale pone problemi nuovi e opportunità di sperimentazione  che possono adeguatamente essere sostenuti proprio da un servizio pubblico attento alla filiera produttiva nazionale ed europea soprattutto indipendente.  Tra l’altro il confronto con i contenuti e le applicazioni dei grandi aggregatori, che sembra inevitabilmente perso, trova linfa proprio nella capacità di mettere a disposizione contenuti digitali legati all’identità culturale anche territoriale. Infine, un tema che nel futuro sarà prevalente. Il servizio pubblico come ambiente anche tecnologico in grado di favorire le forme di informazione “dal basso”, il c.d. citizen journalism.


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