di Roberto Bertoni e Daniela Sbrollini –
“Questa sentenza è un lungo inno alla vita, un inno all’esigenza di tutelare la salute delle persone sia nei luoghi di lavoro sia negli ambienti di vita. Per me è un sogno che si avvera”. Con queste parole, il pm di Torino Raffaele Guariniello ha commentato la sentenza di condanna all’indirizzo di Stephan Schmidheiny, il padrone dell’Eternit, il magnate dell’amianto che ha sulla coscienza un numero imprecisato di vittime, molte delle quali si materializzeranno nei prossimi anni, nell’espandersi di una tragedia della quale è sinceramente difficile parlare, tanto è grave, scioccante, inaccettabile.
È inaccettabile, infatti, che migliaia di lavoratori siano stati lasciati morire giorno dopo giorno, respirando veleno senza protezione o quasi. È inaccettabile che intere comunità, quella di Casale Monferrato ma anche quella di Bagnoli, siano state inquinate, devastate e costrette ad ammalarsi da un uomo e da una dirigenza che conosceva bene i rischi di quel materiale assassino ma si è ben guardato dal renderli noti, dal lanciare l’allarme, dal fornire ai propri dipendenti le adeguate protezioni. Ed è inaccettabile che tutto ciò sia accaduto in un Paese come il nostro in cui la Costituzione considera il lavoro un princìpio imprescindibile per la comunità e pone al centro dei suoi princìpi la dignità dei lavoratori e delle loro famiglie, ritenendo ogni singola attività umana non fine a se stessa ma utile alla collettività, fondamentale per la crescita del tessuto sociale e per la promozione di uno sviluppo equo, sostenibile e basato sulla soddisfazione dei diritti e delle esigenze di tutti.
Per questo, accogliamo con piacere la sentenza di Torino; per questo, non ci sembrano affatto esagerati i diciotto anni inflitti a Schmidheiny: perché questa sentenza è destinata a fare scuola, ad aprire una strada, ad indicare un metodo di lavoro e ad indurre decine di pm ad andare avanti e a non fermarsi, a non abbattersi di fronte agli innumerevoli ostacoli che il potere, i soldi e gli appoggi ramificati ovunque di simili personaggi pongono quotidianamente sul loro cammino. Ed è, soprattutto, il riscatto della nostra Costituzione, la rivincita della giustizia sull’ingiustizia, la riscossa morale e civile di un’Italia stanca e sfibrata dalla crisi ma ancora in grado di rivendicare la propria dignità.
Perché è questo il punto centrale del discorso, l’aspetto dal quale non possiamo e non dobbiamo prescindere: il valore e l’importanza dell’essere umano, la sua centralità nel modello di sviluppo, il rifiuto della barbara idea liberista secondo cui il profitto viene prima di ogni altra cosa e al diavolo la salute, i diritti umani, la sicurezza sul lavoro, la Costituzione, i sindacati e pure la storia di decenni di battaglie, di manifestazioni, di scioperi e di proteste che sono costate spesso la vita a chi in passato ha deciso di non chinare la testa e chiedere con forza condizioni di lavoro tollerabili e salari adeguati.
È questo il punto relativo all’Eternit ed è questo il punto relativo all’Ilva: è questo il punto dovunque si abbia a che fare con una comunità ed un gruppo di lavoratori messi di fronte all’intollerabile ricatto: lavoro o salute. Non può esserci lavoro senza salute e non deve esserci salute senza lavoro, ma in particolare non possono e non devono essere ammessi ricatti di nessun tipo, meno che mai sulle spalle dei più deboli, di chi rischia di perdere il lavoro e di ritrovarsi in mezzo a una strada, con il mutuo da pagare, una famiglia da mantenere e un futuro segnato dall’incertezza e dalle incredibili difficoltà che si incontrano, di questi tempi, nel trovare un’altra occupazione.
Sono, dunque, questi i motivi che mi hanno indotto, in qualità di vice-presidente della Commissione Affari Sociali a presentare una proposta di legge intitolata: “Norme in favore dei lavoratori e dei cittadini esposti ed ex esposti all’amianto e dei loro familiari nonché in materia di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e delega al Governo per l’adozione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di esposizione all’amianto”.
Qualcuno, leggendola, potrebbe pensare che la mia sia un’idea troppo ambiziosa, in contrasto con lo spirito di questi tempi di “pacificazione nazionale” coatta. Io, al contrario, credo che, se la politica vuole riconquistare un minimo di fiducia agli occhi dei cittadini, non possiamo che ripartire da qui, dalla ragione stessa del nostro essere parlamentari, dal senso delle nostre lotte per i diritti, dagli ideali nei quali crediamo e per i quali ci battiamo da quando, tanti anni fa, abbiamo deciso di mettere la nostra vita, la nostra passione civile e il nostro impegno al servizio di chi non ha voce, proprio come gli operai di Casale e di Bagnoli, morti, spesso insieme ai propri familiari, per gli insopportabili silenzi dei troppi che per decenni hanno preferito vantarsi per la crescita portentosa del PIL e voltarsi dall’altra parte di fronte alla pena capitale che veniva inferta a queste persone.
È questa la molla interiore che mi ha spinto ad inserire nella proposta di legge l’istituzione di un fondo per le vittime dell’amianto, ripristinando quello creato dal governo Prodi nel 2007; l’istituzione di un fondo per il risanamento degli edifici pubblici e del naviglio militare; l’introduzione di agevolazioni tributarie per l’eliminazione dell’amianto dagli edifici privati, nonché dal naviglio mercantile e dagli aeromobili privati; la fruizione gratuita, a spese dell’INAIL, di prestazioni sanitarie per i lavoratori esposti ed ex esposti all’amianto; l’assistenza legale gratuita per loro e per le loro famiglie; il rilancio di un’imponente campagna d’informazione ad opera del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; l’istituzione della Commissione permanente regionale sull’amianto; l’adozione, come detto, di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di esposizione all’amianto e il divieto di uso ed estrazione delle pietre verdi.
In conclusione, ci tengo a precisare che, se insieme all’amico Roberto, ho scelto di scrivere questa piccola riflessione proprio per Articolo 21 è perché entrambi abbiamo sempre sostenuto la necessità di “illuminare a giorno” ogni forma di sopruso, di violenza e di prepotenza, ogni violazione dei diritti e, più che mai, la dannata ipocrisia di chi pensa che sia sempre “ben altro” il problema, non accorgendosi, o forse non preoccupandosi minimamente, del fatto che in questo modo abbiamo allontanato milioni di cittadini dalla politica e dalle istituzioni, ipotecato il futuro di almeno tre generazioni e messo a rischio la tenuta stessa della nostra democrazia.
* Daniela Sbrollini è parlamentare del Partito Democratico e vice-presidente della Commissione Affari Sociali della Camera