Enrico Letta è andato a prendersi gli applausi della Cisl e ha lasciato a Zanonato i fischi di Confcommercio. “Iva, la rivolta dei commercianti”. La Repubblica. “Un miliardo per il lavoro dei giovani”. Corriere della Sera. Non un miliardo “nuovo”, ma un miliardo di fondi UE da “dirottare verso l’occupazione”. La platea della Cisl esulta, quella di Confcommercio protesta. La Stampa tiene tutto insieme: “Letta,ogni sforzo sul lavoro. Inevitabile l’aumento dell’Iva”. E Il Giornale minaccia: “Iva su? Letta a casa”.
Beppe Grillo, assente dalle prime pagine. Anche se pare che abbia trovato la sua Charlotte Corday, la senatrice Adele Gambaro che dice: ”se mi insulta, lo denuncio”. Potrà contare sulla larga solidarietà femminile della Camera e del Senato. Lui, il nuovo “amico del popolo”, abituato più a strillare che a dire come si possano davvero cacciare “nobili e preti” di oggi, Beppe Grillo, insomma, fa trapelare: “Mi sono stufato, posso anche mollare”. Incompreso.
Anche Berlusconi, per definizione, è incompreso, soprattutto fra i suoi cari. A fin di bene vuole ricacciarli in seconda fila. Proprio ora che vedevano un po’ di luce nel Governo a trazione democristiana 2.0 di Enrico Letta. Silvio sogna un partito nuovo di zecca, con un leader più giovane più bello e più di sinistra. Ma cosa immaginate? Di Alfano. perché più di Lui, Silvio, non c’è nessuno. E chi è questo leader? Il primo escluso del voto a Roma, Alfio Marchini. Mugugni e digrignar di denti. Tanto più che il capo fa sapere come il governo non debba temere, neppure nella sciagurata ipotesi che la Cassazione il 19 non dovesse accogliere le tesi dell’avvocato Ghedini. Con Grillo che pende, in Parlamento non solo c’è, ma si vede anche, una maggioranza alternativa. E per Silvio, quello significherebbe il disastro. Leggi da troppo tempo insabbiate. Contro il falso in bilancio, la corruzione, il conflitto di interessi. Forse persino il tentativo di imporre regole europee al sistema televisivo. Meglio tenersi stretto Letta. E Napolitano.
Si rifà vivo anche Bersani. Cito dal Corriere della sera, a pagina 11. “Che cosa vuole fare Renzi? Il premier? Quello lo abbiamo già ed è Enrico Letta. Allora vuole fare il segretario? E che cosa vuole fare, iscrivere Briatore e gente così?” Il titolo recita: “Nasce il correntone anti Renzi”. Ma Zingaretti si sfila. E dopo D’Alema, anche Vendola, pure lui ospite della Gruber a otto e mezzo, prende in considerazione l’ipotesi Renzi. Perché (come cerco di spiegare giorno dopo giorno) la politica non si può fare con la persistenza dei gruppi dirigenti. Nel vuoto delle idee, con l’occupazione del potere. Le questioni, non dico per vincere, ma per dare onore al congresso del Pd, per non rimuovere una sconfitta politica cocente, sono essenzialmente due.
Il partito. Tanto più non funziona e non orienta e non fa politica, tanto più spartisce. Con le correnti e nel nome delle correnti. Berlinguer le chiamava “camarille”. Perché già allora non si capiva cosa avessero di diverso l’una dall’altra. Bersaniani, Lettiani, Franceschiniani? Primarie per correnti, composizione delle liste, nomine dei presidenti delle commissioni, dei capo gruppi, dei vice, dei segretari d’aula, persino designazione dei parlamentari nelle varie commissioni. Tutto si spartisce. Una vergogna. Caro Bersani, un partito così non ha bisogno di tesserare Briatore. Abusa talmente tanto dello stato, corrompe a tal punto la società civile, da creare tanti piccoli aspiranti Briatore. E che il “sogno” sia l’ente parco dell’Etna e non la nave su cui non pagare le tasse, importa poco. Se il catalogo è questo, meglio “un uomo solo al comando”. Magari si prende (e si paga) giovani consulenti che non votano Pd e non corrono per un posto di sotto governo. Farà certo meno cazzate.
La seconda questione, connessa, è quella della politica concepita come gabbia, cintura di castità, camicia di contenzione. Le riforme? Le fa la “convenzione sotto mentite spoglie”. 35 saggi e 40 parlamentari. Il parlamento alzi le mani. Anzi no, le metta in buca. Perché M5S vuole il voto elettronico e si passano ore a controllare che i parlamentari siano in aula e che pigino il bottone giusto. Quanto all’economia, sentite questa che è bella. Il governo si inventa un titolo: decreto del “fare”. Direte voi: fare con quali soldi? Fare con quale idea? Privilegiamo la proprietà e riduciamo il peso dello Stato sugli affari privati? O invece cerchiamo di creare lavoro con il patrimonio culturale, salvando il territorio, creando infrastrutture moderne? Non è dato sapere. Ma i parlamentari possono, lo stesso, sparare proposte. Poi il Grande Fratello, anzi il fratellino Letta, deciderà. Il parlamento è totalmente espropriato. Dai partiti e dalla loro impotenza.
In Egitto ogni tanto si decideva di costruire una Piramide per tenere occupata la mano d’opera, quando non c’era da costruire gli indispensabili canali per domare la forza del Nilo. Il mio capo gruppo Zanda, ci organizza seminari. Per tenere alto il morale. Ieri, con il presidente di Confindustria, Squinzi. Il quale, al netto delle richieste già note della sua associazione, ci ha chiesto di avere un sogno, di indicare una prospettiva. Gli Stati Uniti d’Europa. Una politica, un fisco, un welfare europei. Noi del Pd che un premier ce l’abbiamo, noi che non vogliamo un uomo solo al comando, restiamo invece con i piedi sulla terra, parliamo a bassa voce, meglio, taciamo. Zitti tutti, nessuno disturbi il manovratore. Persino una mozione contro gli aerei da caccia americani che nessuno più vuole, viene “sconsigliata”. La riproporremo, certo. Ma come si fa a continuare così? Che politica è mai questa.
Il Fatto ha una fonte (fredda)) e spara in prima: “Berlusconi voleva far uccidere Gheddafi”. E’ arrivato prima Sarkozy. Quel poveretto di Travaglio, dopo l’indagine del CSM sul procuratore di Palermo, riscrive la sua lista dei buoni e dei cattivi. Non gli passa per la mente che la lotta alla mafia sia prima di tutto una questione politica. Non riesce a vedere come le procure, lasciate sole o stiracchiate di qua e di là da un giornalismo corrivo e complice, finiscano per mostrare la pochezza culturale e politica di troppi magistrati. Torquemada dell’insulto, come Grillo è un Marat immaginario. A proposito, Altan coglie l’aria grama che si respira : “Ci vacilla il rating. Da Movimento 5 Stelle a pensione Grillo?”