di Elsa Pasqual
Baldessarro, Capezzuto, Savatteri e Spampinato hanno presentato al festival Trame l’ebook dossier di Ossigeno
“Per la prima volta in cinquant’anni di attività la Commissione parlamentare antimafia ha svolto un’indagine specifica sui giornalisti minacciati in Italia, ascoltando le voci dei minacciati e dei dirigenti della categoria, acquisendo i dati di Ossigeno per l’Informazione e dedicando all’argomento un capitolo della sua relazione finale. E’ un fatto storico ed è un fatto politico. E’ importante sapere cosa pensano i giornalisti di questo problema e cosa propone l’Antimafia al Parlamento per arginare un fenomeno che ha assunto dimensioni preoccupanti, senza pari nel resto d’Europa”, ha detto Alberto Spampinato venerdì 22 giugno presentando al Festival Trame di Lamezia Terme l’ebook “Taci o sparo! L’anti-informazione sulla mafia” scaricabile gratuitamente dal sito di Ossigeno.
Alla presentazione hanno partecipato il direttore del Festival, Gaetano Savatteri, e due dei venti giornalisti convocati dalla Commissione Antimafia: Giuseppe Baldessarro, cronista de “Il Quotidiano della Calabria” e corrispondente di “Repubblica” e Arnaldo Capezzuto, collaboratore de “Il Fatto Quotidiano”.
Il Festival Trame, ha detto Savatteri, ha ospitato quest’anno tre dibattiti organizzati da Ossigeno sulle limitazioni della libertà di espressione e di informazione perché questa tematica è strettamente connessa ai temi trattati da una rassegna di libri sulla mafia. Siamo lieti, ha aggiunto, che proprio a Trame sia presentato in anteprima questo ebook dossier che invitiamo a leggere, a diffondere e a riprodurre per diffondere la consapevolezza di uno stillicidio di minacce, intimidazioni ed abusi che limitano la libera circolazione delle notizie.
“Questa sintonia fra Trame e Ossigeno – ha commentato Spampinato – mi incoraggia, mi fa sperare che sia possibile trovare altri partner per diffondere questo dossier fra i giornalisti, fra le associazioni, nel mondo politico, per promuovere quell’attenzione che finora è mancata. E’ necessario conoscere i termini della questione, le opinioni sul ‘che fare’, il panorama di richieste e proposte, non tutte coincidenti sulle quali è necessario confrontarsi, discutere riflettere, partendo proprio da ciò che dicono i diretti interessati. Le audizioni dell’Antimafia allegate all’ebook offrono questa opportunità”.
“Ogni volta che a casa mia suona il campanello – ha detto Giuseppe Baldessarro con amara ironia – mia moglie si augura che siano venuti i carabinieri ad arrestarmi e non a notificarmi un’ennesima querela. Perché finire in galera costa molto meno che difendersi da una querela o da una citazione per danni, anche se la querela o le citazione è pretestuosa ed infondata. Per fortuna questo di solito il giudice lo riconosce e tutto finisce nel nulla. Io in dieci anni ho avuto ottanta querele e non sono mai stato condannato. Ma questi processi possono durare dieci anni, pendono come una spada di Damocle, e costringono a spendere molti soldi per difendersi”.
“Ed io sono fortunato rispetto a molti miei colleghi precari – ha aggiunto Baldessarro – perché io almeno ho uno stipendio fisso. Ma pensate ai free lance, ai giornalisti di piccole testate che non hanno l’assistenza legale dell’editore, ai collaboratori pagati due-tre euro ad articolo. Come possono pagare un avvocato per difendersi da querele strumentali e pretestuose? Molti devono smettere di fare questo lavoro. Non è giusto. Chi presenta querele e citazioni infondate dovrebbe risarcire il querelato. Bisogna trovare un modo per frenare le querele strumentali che rappresentano ormai la nuova frontiera delle minacce. Dobbiamo renderci conto che la mafia si è evoluta anche nell’ambito dell’abuso degli strumenti legali. Ormai si querela per minacciare e senza rinunciare a minacciare nelle forme tradizionali, quando si ritiene utile per censurare un cronista scomodo”.
“L’effetto delle minacce e delle querele – ha detto Arnaldo Capezzuto – è molto condizionante. Il cronista bersagliato da cause strumentali, anche il più sicuro del fatto suo, finisce per chiedersi se sta facendo veramente un buon lavoro, se non sarebbe meglio comportarsi in un altro modo. Il dubbio viene”.
Capezzuto vede nel lavoro dell’Antimafia un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: “Sono contento che ci sia stata questa indagine della Commissione Antimafia. Ma perché ci sono voluti cinquant’anni per cominciare a parlare di queste cose? E perché se ne occupa un comitato di lavoro e non l’intera Commissione, come sarebbe opportuno? E’ importante che sia stata fatta questa indagine, ma per me è solo l’inizio di un lavoro che spero continui in questa legislatura. Parlare di queste cose è necessario, ma occorre anche prendere dei provvedimenti. Quanti anni ancora dovranno passare prima che si arrivi a provvedimenti seri, a qualcosa di concreto?”.
Il problema delle minacce, ha aggiunto Capezzutto, potrà essere risolto solo se saranno cambiate alcune leggi, se saranno presi provvedimenti, ma neppure questo basterà “se non ci sarà anche una presa di coscienza della natura e degli effetti di questi condizionamenti da parte del mondo giornalistico e dei cittadini , se non si svilupperanno forma di solidarietà più concrete ed efficaci nei confronti dei giornalisti che trattano temi scottanti”.
I giornalisti hanno bisogno della solidarietà dei cittadini, ha concluso, ma questa solidarietà si conquista con la credibilità e con un lavoro rispettoso in particolare nei confronti dei più deboli. Un bravo cronista, ad esempio, deve avere sempre rispetto delle vittime e dei loro famigliari, il diritto di cronaca non autorizza ad essere spietati e irrispettosi.
Nelle conclusioni Spampinato ha sottolineato un problema di carattere generale: in Italia l’attività giornalistica professionale è sempre meno tollerata, prevale in molti ambienti l’idea che il giornalista deve chiedere il permesso dell’interessato per pubblicare notizie negative su un personaggio pubblico. Inoltre, ha aggiunto, non si riesce ancora a far passare l’idea che tutti questi abusi e tutte queste minacce sono dovute all’esistenza di una legislazione arcaica per la quale l’Italia ha già avuto numerosi richiami dalla istituzioni internazionali.