TORINO – La corte di appello di Torino ha condannato a 18 anni il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, imputato nel processo d’Appello a Torino per il caso Eternit, multinazionale dell’amianto. L’accusa è di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di misure di sicurezza. Schmidheiny è stato ritenuto responsabile di disastro anche per gli stabilimenti di Bagnoli e Rubiera. In primo grado la condanna era stata a 16 anni.
In primo grado il manager della multinazionale dell’amianto era stato condannato a 16 anni. In aula a seguire il verdetto l’ex Ministro della salute, Renato Balduzzi, il procuratore capo della Repubblica di Torino, Gian Carlo Caselli, il procuratore generale Marcello Maddalena, oltre a centinaia di parenti delle vittime giunti da tutta Italia e anche network televisivi stranieri. Per l’altro imputato, il conte belga Louis De Cartier, deceduto il 21 maggio scorso la Corte ha deciso il non luogo a procedere.
La sentenza estende la responsabilità di Schmideiny anche per le vittime di Bagnoli e di Rubiera, in Campania ed Emilia Romagna. Mentre non vengono puniti i fatti dal 1966 al 1976, cosa che ha fatto dire al vice presidente di Afeva Pondrano, che si tratta di una sentenza «con luci e ombre».
Legambiente: “Una sentenza storica, il caso italiano sia esempio nel mondo. Di amianto si muore ancora, necessario accelerare le bonifiche”
“Una sentenza esemplare che restituisce giustizia a migliaia di persone e famiglie che hanno sopportato e sopportano ancora un vero calvario. Speriamo che anche il terzo grado di giudizio confermi questa sentenza perché il caso italiano sia ora d’esempio e faccia giurisprudenza nel mondo, soprattutto nei Paesi dove l’amianto continua ad essere estratto e lavorato e continua silenziosamente a mietere vittime”.
Così il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, commenta la sentenza del processo Eternit emessa oggi a Torino.
Anche Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, costituitasi parte civile al processo e presente alla lettura della sentenza insieme a centinaia di persone tra cui moltissimi francesi, esprime soddisfazione per il verdetto di secondo grado. “Questa sentenza è sicuramente un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto – ha dichiarato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – ma proprio per loro crediamo importante avere la garanzia che i risarcimenti ai Comuni arrivino presto per continuare le bonifiche e limitare il diffondersi ulteriore dei casi di tumore. Ogni anno a Casale Monferrato continuano a morire almeno 50 persone per patologie legate all’eternit. Inoltre riteniamo grave che Inail e Inps siano stati esclusi dai risarcimenti perché proprio loro dovranno affrontare le spese per i malati attuali e futuri”.
E’ un’eredità pesante quella della produzione d’amianto nel nostro Paese, che va da un milione di metri quadrati delle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Al) ai 45milioni di m3 di pietrisco di scarto contaminato presso la miniera di Balangero (To), passando per i 90mila m3 di fibra, in varie forme, contenuto nello stabilimento produttivo di cemento amianto nella città di Bari, fino ad arrivare ai 40mila big bags contenenti rifiuti d’amianto prodotti fino ad oggi con la bonifica di Bagnoli a Napoli. C’è poi l’amianto domestico, sparso nelle case, scuole o edifici pubblici. Su questo non ci sono ancora dati certi ma le ultime stime del Cnr e dell’Ispesl parlano di oltre 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, ma i numeri totali potrebbero essere molto maggiori.
“Le bonifiche – ha concluso Cogliati Dezza – in molti casi o non sono partite proprio o sono ancora nella fase di messa in sicurezza. Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo liberarci dall’amianto quanto prima e evitare che la strage possa continuare per troppo tempo nel futuro”.
Purtroppo i dati sanitari dell’Inail ci dicono che nel nostro Paese gli effetti dell’esposizione all’amianto sono destinati a crescere fino al 2020 e le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni.