Le cose si stavano mettendo male a Istanbul, per tutti. C’è voluto il presidente Gul per salvare Erdogan da sé stesso. E il Chp ha capito. A riprova che il bivio è un altro.
Se Erdogan ha perso l’aureola dell’Onnipotente non è male, per lui, per gli altri, per la Turchia. Ma non era detto che le cose andassero lisce, nonostante il bilancio degli scontri sia gravissimo.
Era già l’ora di pranzo quando Erdogan ha ribadito la sua linea dura: basta proteste, polizia ineccepibile, tornare al business as usual. Una catastrofe. La linea folle della polizia aveva infatti già trasformato i 50 sparuti contestatori delle prime ore in centinaia di migliaia. Il principale partito di opposizione, il nostalgico Chp, che aveva convocato per proprio conto una grande manifestazione “nazionalista” nel versante asiatico della città, invitava i suoi ad attraversare il Bosforo e riversarsi a Taksim.
Di lì a breve è intervenuto il Presidente della Repubblica, Gul. Di ritorno dal Turkmenistan si è attaccato al telefono, chiamando interni, difesa e premier e dicendogli che la linea dello scontro andava rigettata immediatamente. Poi ha emesso un comunicato, nel quale si diceva certo che in un paese democratico chi vuole protestare ha il diritto di farlo in modo civile e chi governa ha il dovere di ascoltare i contestatori, in modo civile. Di lì a breve la polizia ha abbandonato Taksim.
L’intervento di Gul ha spinto Erdogan ad ammettere finalmente che la polizia aveva sbagliato. Meglio tardi che mai. A quel punto il leader della destra nazionalista, il Chp, ha rinunciato ad andare di persona a piazza Taksim. Il peggio così è svanito.
La cronaca dimostra che il bivio millantato da certa stampa, da una parte i laici e dall’altra gli islamisti, è usualmente fuorviante.La Turchia è un paese con due destre, quella della destra nazionalista con venature fasciste e quella della destra islamista con venature autoritarie (Erdogan) e moderne (Gul).
Due episodi recenti aiutano a capirci meglio. Incalzato dai nazionalisti che avversano l’accordo erdoganiano con i curdi e Ocalan per la loro negazione dell’esistenza stessa dei curdi, e che invece invocano una politica di baci e abbracci con Assad, Erdogan ha scoperto di dover fare i conti con i suoi fondamentalisti anche lui: nel surriscaldato Medio Oriente gli chiedevano di rifare di Santa Sofia una moschea. Il premier li ha mandati a quel paese, ma dopo il bastone gli ha offerto la cartoa della legge anti-alcol. Vendita limitata, divieto dopo le dieci di sera o vicino alle moschee. Anche negli Usa i divieti o le limitazioni al consumo di alcolici sono severi, ma in Turchia l’83% della popolazione non ha mai bevuto una birra, e solo l’1% della popolazione consuma alcol regolarmente. Dunque questa legge è “ideologica”.
La tendenza autoritaria di Erdogan è evidente, la dimensione autoritaria dei nazionalisti è esplicita a chiunque voglia vedere. La speranza è che Gul sappia prevalere, preservando una tendenza islamico-moderata, e trovando magari un interlocutore moderno e non vetero-kemalista nel campo avverso. Sarebbe questa la vera vittoria dei giovani di Gezi-Park.
Da ilmondodiannibale.it