Il quarto processo per la strage di via D’Amelio, che il 19 luglio 1992 uccise il giudice Borsellino e sterminò con il tritolo la sua scorta,non cessa di riservare sorprese agli osservatori italiani e stranieri che lo seguono.Le ultime emerse oggi e riportate dalle televisioni e da alcuni giornali(non da tutti per carità!)sono di particolare interesse. La prima viene dal pentito Spatuzza che ha rivelato che Graviano,luogotenente dei corleonesi,lo incaricò di comprare un aereo telecomandato,cioè quello che oggi si designa con il nome di drone per trasformare in una bomba volante carica di esplosivo da usare negli imminenti attentati( e in particolare,a quanto pare,in quello contro il giudice Borsellino,ucciso poi con un’auto carica di tritolo).Ha detto anche che in un colloquio nel 19917 con il procuratore antimafia Pier Luigi Vigna aveva detto che Scarantino non aveva avuto nulla a che fare con il furto dell’auto 126 servita per la strage di via D’Amelio. “Ha aggiunto infine che,dopo quel colloquio,non seppe nulla nei dai magistrati della procura nè dallo stesso Vigna. A sua volta Scarantino che ha ritrattato quel che aveva detto sulla sua responsabilità in via D’Amelio è intervenuto al processo per lamentarsi della condizione in cui vive dopo la ritrattazione.”In troppi-ha dichiarato-mi vogliono male.”
La seconda notizia è indiretta ma non meno preoccupante.Il Consiglio Superiore della magistratura ha avviato la procedura per incompatibilità ambiente nei confronti del capo della Procura di Palermo,Francesco Messineo.Ha definito la procura palermitano come un ufficio festito in maniera debole senza la necessaria indipendenza e di aver anzi fatto sfumare la cattura di Matteo Messina Denaro,da molti anni latitante e ritenuto da molti il capo supremo di Cosa Nostra dopo la cattura di Provenzano e dei Lopiccolo,per un difetto di coordinamento all’interno dell’ufficio della procura.
Ora il procuratore Messineo avrà tempo e modo di difendersi di fronte alle accuse del CSM e avremo modo di vedere nei prossimi giorni se si tratta di accuse fondate ma resta per chi da tempo studia il fenomeno mafioso un interrogativo che quest’anno è entrato anche nelle mie lezioni di storia della mafia nell’Università di Torino.Che cosa spiega il fatto che gli ultimi capi della mafia ma anche molti altri che hanno guidato cosche importanti a Palermo o nel resto d’Italia riescono ad attraversare anni o decine di anni in latitanza magari a pochi passi dalla propria casa abituale o comunque in un quartiere raggiungibile della capitale siciliana prima che le forze dell’ordine riescano a catturarli? E’ già successo,come è noto,per Salvatore Riina e ancora più anni(addirittura 41) per Bernardo Provenzano e ora gli anni si stanno accumulando anche per Messina Denaro? Comne è possibile restare tanti anni uccelli di bosco se non ci sono accordi e complicità molte estese a livello locale come a livello nazionale?
E’ questo un interrogativo che se questo parlamento si decidere ad eleggere una nuova commissione antimafia(ancora,come è noto,non l’ha fatto)saranno in molti a chiedere ai commissari perchè è sempre più evidente che uno Stato che non riesce neppure a catturare un mafioso latitante importante come Provenzano se non dopo quarant’anni e un altro come Messina Danaro già nascosto da più di dieci anni non avrà nessuna speranza di combattere vittoriosamente un’associazione che incamera miliardi di euro in Italia,Europa e nelle due Americhe. E questo preoccupa un vecchio professore come me ma dovrebbe preoccupare prima di tutti i nostri uomini di governo.