Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata ad Articolo21 da Angelo Di Natale il giornalista della sede Rai di Catania licenziato il 12 giugno scorso
di Angelo di Natale
“Sette giorni dopo il mio licenziamento, il Cdr Sicilia della Tgr è intervenuto con una nota perché, adesso, trova <<intollerabile sopportare l’immagine diffusa da alcune testate giornalistiche on line di una redazione della Tgr Sicilia collusa con poteri economico-mafiosi e sottoposta a ricatti e pressioni per fare da sponda a pubblicità occulte>>. I quattro componenti il Cdr <<considerano quindi inaccettabile che i colleghi vengano lasciati bersaglio di ingiurie che sono già state valutate in più occasioni dall’azienda e ritenute sempre infondate>>.
I quattro componenti il cdr, come non pochi miei (ex) colleghi della redazione dimenticano forse che <<l’azienda che ha già valutato>> quelle che essi chiamano ingiurie e che le ha <<ritenute sempre infondate>> è la stessa che non ha mai risposto nel merito dei fatti neanche ad una sola delle tante denunce e segnalazioni, relativamente a centinaia di episodi specifici tutti documentati, da me formalmente inoltrate al Cda, al dg, al direttore risorse umane, al direttore di testata, all’Usigrai, al Cdr ecc…
I quattro componenti il Cdr e l’intera redazione Tgr Sicilia sanno che l’azienda in effetti si è limitata a dire di non avere riscontrato responsabilità a carico del caporedattore, senza mai fornire uno straccio di motivazione, né di documentazione dell’istruttoria. In particolare non ha mai detto se l’esclusione delle responsabilità a carico di Morgante fosse dovuta alla circostanza che i fatti da me denunciati fossero veri e però leciti (certo, non sarebbe stato facile dinanzi a centinaia di casi di pubblicità occulta impietosamente documentati dalle teche e le cui tracce nessuno potrà mai cancellare!) o se invece fossero falsi e in questo caso avrei dovuto essere chiamato io a rispondere. Ma questo non è mai avvenuto. Nessuna contestazione mi è mai stata mossa per avere falsamente segnalato anche uno solo dei tantissimi, gravi episodi, di violazione dei doveri del Servizio pubblico e di non poche altre norme.
Io sono stato più volte “punito” e, alla fine, licenziato, con contestazioni totalmente estranee all’oggetto del problema, strumentali, ritorsive e fabbricate accuratamente da chi all’interno dell’azienda non ha mai voluto misurarsi con i fatti e si è rifugiato in questa illusoria, facile scorciatoia che a mio avviso è un tunnel dal quale si potrà uscire solo dopo che ne sarà stato illuminato ogni angolo.
E’ patetico, per non dire altro, invocare la già “certificata” infondatezza di quelle che il Cdr derubrica a “ingiurie”, ben sapendo – io, come il Cdr e l’intera redazione – che tale certificazione è avvenuta tramite un auditing-farsa le cui conclusioni sono state comunicate proprio al Cdr del tempo dall’allora direttore della Tgr ben cinque mesi prima della conclusione del procedimento (durato in tutto sette mesi) e molto prima che si svolgessero decisivi atti istruttori. E, comunque, rimane sempre quel gigantesco buco nero: e i fatti? Veri o falsi? E le motivazioni assolutorie?
Ciò è avvenuto sotto gli occhi di tutti, anche dei quattro componenti del Cdr i quali, prima di chiedere tutela della propria “onorata immagine”, consultino il catalogo multimediale, se non lo hanno fatto nel corso degli anni in cui io li esortati a farlo, e se, almeno adesso, dovessero trovare un sussulto di dignità sappiano ricercare la sola via utile per recuperare l’immagine dalla quale i giornalisti per bene non vorrebbero mai separarsi, ma ciò potrebbe accadere solo nel futuro, perché il passato e il presente di questa gestione di Tgr Sicilia sono scolpiti nei fatti che nessuno potrà mai cancellare.
Identiche, doverose, considerazioni si pongono per il “fastidio insopportabile” lamentato dal Cdr sulla <<collusione con poteri economico-mafiosi>>. Anche in questo caso il problema sono i fatti e, comunque, per stare ad essi, mai, in proposito, ho chiamato in causa la redazione come tale se non per stimolarne uno scatto d’orgoglio nella presa di coscienza e nella rivendicazione della propria autonomia, avendo da sempre posto il problema della gestione monocratica di Tgr Sicilia, “come cosa propria”, da parte di chi ha sempre accentrato su di se ogni scelta sul prodotto e, in particolare, quelle decisioni in cui si è concretato un colossale interesse privato in contrasto con la deontologia giornalistica, con la dignità etica della professione, con la qualità del servizio pubblico dell’Informazione.
Si chieda il Cdr perché – così come è cristallizzato in un documento giudiziario che non lascia dubbi – per conto di mafiosi, un senatore fece pressioni sul prefetto di Palermo per forzare le norme sulla sicurezza, cosa già molto grave in se, in nome del fatto che l’interesse di quei mafiosi (fare realizzare immagini su un evento sportivo sulla cui promozione avrebbero lucrato per via di una ricca commessa ottenuta dal governo regionale-Cuffaro) era lo stesso della Rai: trasmettere quelle immagini. Fin qui nulla di strano (avrebbe potuto essere millantato credito) se non fosse che, poi, in effetti, la Rai, ovvero Tgr Sicilia, trasmise ben tre servizi su quell’evento sportivo, dimostrando di avere garantito oltremodo quell’interesse! E l’autonomia editoriale? Come fece, diverso tempo prima, quel senatore, per conto del suo mafioso dante causa, ad ottenere una forzatura delle norme in nome del fatto che la Rai avrebbe trasmesso quelle immagini? E quale fosse la misura di quell’interesse lo dimostrano ben tre servizi, quando tutti sanno, tra i colleghi aventi coscienza professionale e lo spirito etico del Servizio pubblico, quanto fosse difficile ottenere spazio nel tg su temi di grande interesse per la Sicilia e le tante tragedie sociali che da sempre affliggono la comunità locale.
Trovo veramente singolare poi che il Cdr, mentre finge di non conoscere ciò di cui si parla (al punto da invocare l’ennesimo pronunciamento-farsa distante come sempre il più possibile dai fatti) investa del caso l’Usigrai <<perché si verifichi l’esistenza di margini di ricomposizione dell’intera vicenda>>. Poiché ogni composizione, o ricomposizione, può avvenire tra due o più parti – una delle quali sarei io – voglio tranquillizzare tutti che io sono disponibile, esclusivamente, all’affermazione della verità e del correlativo principio di responsabilità. A questo fine, per anni mi sono battuto perché ciò potesse avvenire all’interno dell’azienda la quale, finanziata dai cittadini, è patrimonio di tutti. Non è stato possibile e, solo per averci provato, sono stato licenziato. Ciascuno ricomponga ciò che vuole, da parte mia c’è da ricomporre solo l’affermazione della verità, sui fatti che hanno effettivamente determinato l’intera vicenda, rispetto alla quale è fin troppo agevole smascherare, finalmente dinanzi ad un giudice indipendente, ritorsioni fantasiose, vili e prepotenti con cui forse qualcuno pensava di archiviare la pratica.
Se però qualcun altro – chiunque egli sia, il sindacato innanzitutto o altri dentro la Rai – volesse ricomporre il puzzle della verità dei fatti, certo non troverà in me ostacoli. La possibilità, che per me è una certezza, “auspicata” dal Cdr (che, per l’auspicio, ringrazio) che <<io possa dimostrare l’infondatezza delle contestazioni>> rivoltemi dall’azienda, passa esclusivamente per la verità integrale dei fatti, quelli veramente sottostanti a questa vicenda, perché gli altri, quelli addotti come “giusta causa del licenziamento”, sono semplicemente insussistenti e averli contestati …. è cosa grave ma non seria”.