Roma, 12 maggio 2013. Quando si difendono i diritti umani, non ci si assume solo il compito di impedire che accadano persecuzioni e drammi umanitari, ma anche quello di fornire un modello a coloro che ci stanno attorno e prendono esempio dalle nostre azioni. Ecco perché mi sento affine a chi è convinto che nessuna impresa sia impossibile, che nessuna azione a difesa della vita sia troppo difficile. Gandhi disse che “L’essere umano diventa quasi sempre ciò che si convince di essere. Se continua ad affermare che non si possa fare una certa cosa, che non sia possibile conseguire un certo risultato, è probabile che quell’obiettivo divenga effettivamente irrealizzabile”. Ho conosciuto tanti attivisti, tanti operatori umanitari e ognuno di loro fa parte, per me, di una famiglia ideale, formata da persone che hanno scelto di non accettare l’ineluttabilità della sorte, le violazioni dei diritti umani, l’indifferenza di un mondo spesso votato al materialismo e all’odio. La maggior parte di loro, tuttavia, dopo un inizio caratterizzato da fervore ed entusiasmo, si è arresa di fronte a una scelta di vita che necessariamente comporta sacrifici e rinunce: meglio una carriera – e uno stipendio – nelle grandi organizzazioni umanitarie o negli enti pubblici; meglio la politica! Quelli che proseguono nella loro missione – i pochi – credono che anche un solo uomo, animato da determinazione e coraggio, possa portare giustizia e vita là dove l’una e l’altra sono negate. Uno di questi veri amici dei diritti umani è il dottor Marco Squicciarini e – ancora una volta – ho il piacere di scrivere una breve relazione su un caso che abbiamo risolto insieme. Un caso apparentemente “impossibile”, come ci accade spesso da quando ci conosciamo, e sono ormai diversi anni. Marco ha i diritti umani nel DNA. E’ uno strenuo difensore della vita. Uno che non tentenna mai, che non si arrende mai, che di fronte a “una parete troppo alta da scalare” mostra di… saper volare! Per me, per il Gruppo EveryOne, l’amicizia di Marco è fondamentale. Lo è stata quando, nelle vesti di referente nazionale della Croce Rossa, ci ha aiutati a salvare la vita a tanti pazienti a cui le istituzioni avevano negato il diritto alla vita: un trapianto, una cura costosa, ma necessaria alla sopravvivenza… Lo è stata successivamente, con la sua rete di volontari e le sue iniziative create per salvare i bambini (e non solo) in tutto il mondo. In primis, il progetto Tranlators 4 Children, che consente la traduzione rapida e gratuita delle cartelle cliniche dei bambini che si trovano – o devono entrare – in strutture sanitarie di nazioni di lingua diversa dalla loro. Un progetto etico nato – come tutti i grandi progetti – da un sogno e oggi sostenuto dalle Nazioni Unite e dai principali enti umanitari. Con questa premessa, oggi possiamo annunciare di aver risolto positivamente un altro caso “impossibile”, il caso dalla piccola Lena K. (6 anni), malata di leucemia a cui la burocrazia sanitaria aveva negato l’unica possibilità di sopravvivenza: il trapianto di midollo osseo.
Una piccola vita di fronte alle istituzioni
Il caso è iniziato quando il papà di Lena mi ha scritto una mail. “Caro Roberto Malini, abbiamo letto la storia del piccolo paziente che avete aiutato a curasi presso l’ospedale Bambin Gesù di Roma (http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2011/8/28_Si_a_lista_trapianti_per_bimbo_romeno_al_Bambin_Gesu.html) e vi chiediamo di aiutare anche noi. Veniamo dalla Serbia e alla nostra bambina (6 anni) è stata diagnosticata una Leucemia Mielomonocitica Giovanile (JMML – Juvenile Myelomonocytic Leukemia). A causa della gravità della patologia, il Serbian State Health Fund ci ha consentito di trasferire la bimba in Italia per il trapianto. Lena è stata ricoverata all’ospedale Bambino Gesu, dove le autorità della Serbia hanno coperto i costi di tutti gli esami. Tuttavia, esse non coprono il trapianto di midollo osseo. Ora, insieme ai medici del Bambino Gesù, stiamo cercando di risolvere questo grave problema, non disponendo delle risorse economiche necessarie per consentire alla nostra bimba di ricevere il trapianto: circa 25 mila euro. Il Serbian State Health Fund ci ha comunicato, purtroppo, che non coprirà tali costi. Pur avendo anche la cittadinanza svizzera, Lena non ha copertura medica per essere adeguatamente curata. Le nostre risorse ci consentiranno di restare a Roma ancora per 9 mesi, in un appartamento che abbiamo affittato. Vi saremo gradi di ciò che potrete fare. Un caro saluto, Alex K.”.
A questo punto ho scritto a Marco Squicciarini: “Caro Marco, ti metto al corrente di un nuovo caso, che riguarda una bimba di 6 anni. Pensi che riusciremo ad aiutare questa famiglia?”. Contemporaneamente, contattavamo l’UNICEF, per avere un supporto da parte dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia. Senza esitare, Marco si è fatto carico del caso. Come primo passo, ha richiesto e ottenuto da Belgrado le cartelle cliniche originali in serbo, che ha fatto tradurre – attraverso il servizio di Translator 4 Children – per avere ogni informazione utile e non i riassunti sommari in inglese di cui disponevano i sanitari a Roma. Quindi ha raccolto copia dei documenti utili per il prosieguo del caso, fra cui i documenti personali della piccola e dei genitori, il modulo 8 (per dimostrare come la famiglia K. è giunta in Italia), la diagnosi del Bambino Gesù con richiesta di trapianto, la storia clinica della bambina e le risposte istituzionali dalla Serbia e dall’Italia riguardo alla richiesta di trapianto.
A questo punto abbiamo preso contatto con enti e istituzioni che potenzialmente avrebbero potuto coprire i costi del trapianto. “Ho mosso mari e monti,” racconta Marco Squicciarini, “per vedere se esisteva la possibilità di attingere, come già ho fatto in passato, a fondi internazionali dedicati a bambini provenienti dall’estero: l’Organizzazione Mondiale della sanità, l’UNICEF. Quindi abbiamo verificato se esistesse in Italia un reparto pediatrico di Oncoematologia che avesse la possibilità di sostenere queste spese per statuto diverso della regione o altro, nel caso il Bambino Gesù non fosse stato in grado di provvedere. Infine, ho verificato ogni strada percorribile attraverso il Sistema Sanitario Nazionale”.
Dietro impulso di Marco e di noi difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne, anche l’UNICEF si attivava e assicurava che avrebbe provveduto al trapianto della piccola Lena, qualora il Serbian Health Fund e gli altri enti contattati avessero fornito una risposta negativa. Fortunatamente invece, in seguito a tante pressioni, il Serbian State Health Fund cambiava rotta e decideva di coprire i costi dell’intervento. Ce ne dava notizia, felicissimo, Alex K. “Finalmente il Serbian Health Fund ha accettato di coprire i costi del trapianto! Vi ringraziamo tanto per aver aiutato la nostra bambina”.
Marco mi ha scritto subito una mail: “Caro Roberto, i miracoli a volte accadono, premiando il lavoro di chi si impegna a tutela del valore della vita, risvegliando l’attenzione verso chi soffre da parte di un mondo che spesso è indifferente. Roberto, tu per me sei una guida. Ti abbraccio e grazie di farmi partecipe in questi progetti di vita. Missione compiuta!”. Tutti noi che abbiamo trepidato per Lena ora tiriamo un sospiro di sollievo, mentre qualche lacrima di commozione ci bagna gli occhi, dopo tanta apprensione. Sono orgoglioso di essere amico di Marco Squicciarini e di condurre accanto al lui tante azioni per salvare vite umane, per evitare che tanti bambini vengano abbandonati a un destino terribile, quando invece potrebbero essere salvati. Marco è una delle poche persone al mondo capaci di riscuotere gli animi degli indifferenti, secondo il postulato umanitario formulato da Gandhi: “L’amore