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Una cambiale al governo. Il caffè del 29 maggio

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Titolo identico per Repubblica e Corriere della Sera. “Grillo: la colpa è degli Italiani”. Vero! In tanti non sono andati a votare e quelli che lo hanno fatto non hanno scelto i candidati del 5 Stelle. Colpevoli! E Grillo li punisce: “Si vede che hanno famiglia, che preferiscono vivere di spesa pubblica.. così portano l’Italia contro il muro”. L’uomo che odiava i talk show deve essere rimasto vittima delle verità usa e getta che spesso trionfa sui media. Tutti a corrergli dietro, interviste sui giornali del mondo intero, analisi sulla fine dei partiti e sull’avvento del nuovo verbo, dalla Rete ai Palazzi. E invece no. Non basta gridare “siete morti” o “arrendetevi”. Anzi è vano, se non hai poi una proposta credibile.  Da quando ha fatto il boom alle politiche 5 Stelle non ha tirato fuori una sola idea su come “rivoltare l’Italia come un pedalino”. Persino la battaglia per Rodotà presidente è stata, a ben vedere, un modo per nascondere il vuoto delle proposte, giocando Pd contro Pd. Ora i cittadini a 5 Stelle dovranno riflettere, come noi di sinistra!

Perso Grillo (ma no, coraggio, era solo un test amministrativo parziale, il movimento 5 Stelle ci darà ancora molto da scrivere!) Il fatto Quotidiano si consola con le trame. “Letta, Alfano, De Bortoli: le trame di Bisignani”. Come il Giornale: “Parla l’uomo del potere”. Leggerò il libro di questo signore che raccomandava e influenzava i potenti, ma le anticipazione in edicola non sembrano entusiasmanti. Bisignani racconta che frequentava i numeri uno e che costoro erano molto insicuri e preoccupati del futuro. Non ci dice, invece, dei numeri due, che ha piazzato alla Rai, nelle imprese, in certi uffici giudiziari. Ovvero: si vanta di aver sussurrato ai potenti e lascia intatta la trama di relazioni ancora utili. Pro domo sua.

“L’Europa dà i compiti all’Italia”, è il titolo della Stampa. Indiscrezioni sul documento che dovrebbe accompagnare la fine della procedura di inflazione. Ma l’attenzione del Governo è già rivolta ad altro. Oggi si farà affidare dal Senato (poi dalla Camera) il compito di preparare grandi riforme. Elezione diretta del Capo dello Stato o governo forte, una sola Camera. Il governo proporrà (magari servendosi di consulenti tecnici – di Convenzione, per fortuna, non si parla più), poi il Parlamento approverà, magari con procedure più sbrigative e meno garantiste di quelle previste in Costituzione per cambiare la Costituzione. C’è della follia, in tutto questo. Da vent’anni i partiti parlano di governabilità con il risultato di darci  governi sempre meno efficaci. Promettono di riformare lo Stato nell’interesse dei cittadini, ma tolgono ai cittadini il diritto di scegliersi gli eletti. Provocano così scoramento, sfiducia, astensione di massa dal voto.

Si potrebbe dire che, promettendo grandi riforme, la casta si assolve dai suoi peccati. Berlusconi ha vinto per tre volte le elezioni ma non ha reso l’Italia più moderna, né più liberale, tanto meno l’amministrazione più efficiente. Si giustifica: la Costituzione non consente a chi vince di governare. Allora cambiamo la Costituzione. Ora si può, con le larghe intese. Parla addirittura di “svolta epocale”. E il Pd segue, perché ha sempre seguito. Nell’illusione di poter utilizzare l’anomalia Berlusconi come una scorciatoia verso la conquista della stabilità del governo. Dio ci rende ciechi per poi perderci.

Il voto di febbraio, con la fine tendenziale del bipolarismo, la sfiducia in chi aveva governato, la scarsa fiducia nell’opposizione, il fatto che un elettore su due non abbia votato domenica a Roma, tutto ci dice che il problema è oggi semmai quello della rappresentanza. Ridare il timone ai cittadini. Ridar loro il potere di scegliere deputati e senatori, in collegi uninominali o con le preferenze. Abolire il premio di maggioranza, che ha reso le coalizioni, ingovernabili, da quella che ha sostenuto Prodi nel 2006 a quella con cui Berlusconi ha vinto nel 2008. A dire il vero anche “Italia bene comune” si è frantumato, quando si è trattato di eleggere il Presidente della Repubblica. Insomma, una nuova legge elettorale che cancelli la “porcata” e dica agli Italiani che abbiamo capito la lezione. Si può tornare alla legge Mattarella (basta abrogare il Porcellum) o alla proporzionale pura (abrogando il premio e prevedendo di nuovo le preferenze). Poi si lavori pure alle riforme, in Parlamento. Ieri ho ascoltato il ministro Quagliariello che diceva, in proposito, cose ragionevoli. Ma dopo!

Purtroppo Letta e Alfano non sembrano sicuri del fatto loro. Forse temono di non riuscire a ottenere quanto basta in Europa, pensano che per una crisi sociale che riusciranno a chiudere un’altra se ne aprirà, o che le turbolenze nella maggioranza (ieri Nitto Palma ha presentato un provvedimento contro i magistrati ed è stata polemica) finiranno per far cadere il Governo. E dunque chiedono al Parlamento di firmare una cambiale sulla durata del governo. Ci Restiamo per fare le riforme! Ma che cosa nuova! Spero solo che la mozione (cambiale) da approvare sia il meno impegnativa possibile. E che in Parlamento si possa discutere, presto, della nuova legge elettorale. Senza vincoli di maggioranza.

Da corradinomineo.it


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