Se nelle politiche e amministrative ci fosse il quorum (che c’è con presentazione d’unica lista nei comuni fino a 15mila abitanti e, infatti, tre hanno dichiarato nulle le elezioni comunali costringendo l’amministrazione al commissariamento fino alle prossime) Roma che più che capitale oggi capitola, gliel’avrebbe fatta per il rotto della (s)cuffia: solo il 52,8% degli aventi diritto ha votato, percentuale pressappoco in linea con tutti gli altri comuni chiamati alle urne. E’ un dato che i media però si filano poco, non viene considerato in (allarmante) via principale e così passa in largo subordine rispetto ai sussurri e grida di vincitori e perdenti che come di consueto esaltano tronfi trionfi e tonfi naturalmente mai imputabili a colpe e tanfi propri, bensì ad accadimenti e accanimenti di chi gli vuole male. Chi di “vaffa” ferisce, di vaffa perisce: epitome più azzeccata per quanto riguarda il M5S così come, per il Pd, l’arguta sintesi della Serracchiani: “nonostante il Pd, vinciamo”. Per tutti gli altri il compendio è superfluo.
Sursum quorum: maccheronicamente tradotto “in alto dei quali”. Gli è che quei “dei quali” lì sono giunti a prendere ben atto che “in alto”, pur essendolo per Costituzione, di fatto non ci stanno ed è perciò che hanno maturato la convinzione che la loro presenza alle urne, per quanto spendibile in una manciata di minuti, ormai è (addirittura!) diventata una perdita di tempo.
A pochi giorni dalla 67esima ricorrenza (festa?!) della res publica ‘sta cosa qua dovrebbe scatenare se non poche preoccupazioni, almeno qualche severa perplessità…