Nel corso di questi ultimi anni, una sbagliata informazione ha favorito la diffusione del gioco d’azzardo facendo veicolare messaggi erronei dove spot e varie pubblicità non hanno fatto altro che incrementare un’apparente forma di divertimento che si sta rivelando pericolosa e distruttiva. A regalarci un’attenta e lucida analisi del fenomeno divenuto oramai una piaga sociale è Marco Dotti, autore del libro “Slot City Brianza-Milano e ritorno” pubblicato dalla Round Robin Editrice per la collana “Giornalismo di salvataggio”.
Il racconto di Marco Dotti inizia con la descrizione della storia di Consonno, antico borgo brianzolo, trasformato nel 1965 in una “Las Vegas” italiana per volere del conte Mario Bagno che su splendide colline fece costruire un santuario dell’azzardo: sale da gioco, hotel, una sfinge egizia, pagode, capannoni, torri, una porta medioevale, un centro commerciale. Dopo dieci anni una frana distrusse questo tempio del gioco e oggi Consonno non è più una città slot, ma una città fantasma “un luogo senza presente, senza futuro e senza passato”. Negli otto capitoli l’autore riporta le dinamiche di un universo vastissimo che coinvolge tutti: uomini e donne, adolescenti e anziani diventano come le palline di un flipper che inevitabilmente rischia di andare in tilt perché è come se fossero risucchiati da un sistema fuorviante e ibrido.
Luci, suoni, effetti sonori ipnotizzano il giocatore che diventa succube di un gioco che non ha più la sua funzione ludica, ma mira ad annientare l’essere umano che in ogni partita investe le proprie speranze. Le amarezze e le frustrazioni del ludopatico ossia colui che scommette, si tramutano in un momento di gloria, una forma illusoria di rivincita di un esistenza fatta di umiliazioni; giocare d’azzardo altro non è che uno sfogo per far emergere la tensione quotidiana, l’attività è intesa come una speranza di redenzione. “Il giocatore si abbandona ai poteri che gli sfuggono, immagina di essere un altro e inventa un universo fittizio” scrive Dotti che descrive un mondo sovraeccitato dove il gioco domina creando uno sradicamento affettivo generato da una dipendenza senza correlativa sostanza.
La peculiarità di questo eccezionale saggio-reportage sta non solo nella struttura narrativa del testo, nell’impeccabile stile giornalistico e nella straordinaria forma letteraria, ma anche nella valutazione degli aspetti filosofici, antropologici, storici, geografici, economici, legislativi, psicologici e persino magico-tellurici del gioco d’azzardo. “Quanta più crisi c’è, più si gioca” riporta Marco Dotti su “Slot City” dove critica aspramente la Game economy che “estrae e non produce valore, non crea ricchezza ma la trasferisce, lavora per legalizzare il sommerso”.
Di grande interesse la post fazione di Paolo Melissi e la prefazione del libro curata dallo psicologo Simone Feder che ricostruendo un quadro della situazione afferma come la società sia giunta a un “default educativo, culturale, etico”, ma nonostante questo malessere così diffuso, Feder che ogni giorno lavora al recupero dei giocatori patologici presso la Casa del Giovane di Pavia, ha messo in atto una rivoluzione culturale insieme a tanti altri cittadini volenterosi. Parte, infatti, da Pavia la “Carta Etica”, una lodevole iniziativa, adottata dagli esercenti pavesi che esponendo il marchio nei propri negozi si impegnano a dire NO alle città slot.